Con il fine settimana inizia la stagione delle Fiere valdostane nel cuore dell'inverno, dedicate al Santo taumaturgo, Orso. Scrive di lui lo scrittore Antonio Borrelli sul sito santiebeati.it : "Così sappiamo che quasi certamente era un presbitero aostano, vissuto fra il V e l'VIII secolo; aveva il compito di custodire e celebrare, nella chiesa cimiteriale di San Pietro. Questa figura di custode e celebrante di una determinata cappella o chiesa cimiteriale, era molto diffusa nei secoli passati e a volte, quando questi edifici si trovavano in zone più isolate, questi custodi-celebranti prendevano il nome di eremiti, ai quali si rivolgevano i fedeli per le loro necessità spirituali". E infine: "Il culto di sant0Orso, assai diffuso nella Vallée già attorno all'anno Mille, dal XII secolo raggiunse anche le vicine diocesi di Torino, Vercelli, Novara, Ivrea (dove sorse poi l'ospizio che porta il suo nome); il culto si diffuse poi anche in Savoia, ad Annecy e nel Vallese". Ma torniamo alle Fiere: da domani a domenica Donnas, ed il 30 e il 31 ad Aosta, proprio prima di quel 1° febbraio in cui si celebra - da calendario - Sant'Orso, si svolgono le due grandi feste popolari. In entrambi i casi, ma in scala diversa, sono i "borghi" ad ospitare il cuore delle fiere. Donnas si dispiega in uno spazio piuttosto ristretto, lungo la parte storica risalente al Medioevo ma con vestigia romane, dove all'antivigilia si svolge la "veillà", grande baldoria notturna, e dove la domenica si affollano i visitatori che possono ammirare i pezzi di vario genere mostrati dagli espositori sui rispettivi banchetti. Il gigantismo attuale delle fiere dell'artigianato tipico è figlio dei nostri tempi. Il legame col passato non è fittizio, ma la tradizionale datazione millenaria di queste manifestazioni non ha nulla a che fare col fatto, del tutto banale, che le fiere si adeguano alla società di ogni tempo. Ma in fondo la tradizione è sempre stata una passerella fra il passato e il presente su cui è piacevole sostare. Lo scrittore francese Jean d'Ormesson ha scritto questa frase su cui riflettere: "La plus haute tâche de la tradition est de rendre au progrès la politesse qu'elle lui doit et de permettre au progrès de surgir de la tradition comme la tradition a surgi du progrès".