Vien da sorridere a pensare che il sottoscritto sia il "mostro" che cacciò - tutto solo - Carlo Perrin dall'Union Valdôtaine. Così disse Augusto ieri sera al "Conseil Fédéral": il Capo, ferito, attacca su questo e su altro. Lo fa ormai senza il rischio del contraddittorio, perché pian pianino gli sono rimasti a fianco solo i fedelissimi e parlare senza qualcuno che ti ricordi i fatti come si sono svolti davvero è piuttosto facile. Avrebbe potuto dire cose analoghe in Consiglio Valle, due giorni fa, ma qualcuno si sarebbe alzato per smentirlo e si sa che il dibattito non gli piace perché mostra da sempre come la corazza non sia così impenetrabile e che spunti talvolta la lacrima facile. Ma l'oblio dei fatti è una brutta storia e meriterà un giorno un bel lavoro organico per dargli una rinfrescatina. D'altra parte contare sulla scarsa memoria dell'opinione pubblica e sulla protervia come metodo di confronto fa parte del carattere dell'uomo prima ancora che del politico. Augusto Rollandin nel 2003 non mi volle Presidente e neppure voleva che io fossi in Giunta, malgrado fossi stato il più votato. Poi, anni dopo, accettò un accordo per un cambio di Presidenza: per fortuna a certi incontri non ero solo, per cui è difficile modificare la realtà. Ora la mia "colpevolezza", quando lui "manovrava" la maggioranza degli eletti in quella Legislatura, è una storia scritta da solo con unico scopo: sgravarsi di ogni responsabilità in certi passaggi. Anzi qualcuno potrà confermare che a voler mettere al l'angolo Perrin senza vie d'uscita onorevoli fu proprio lui - nella sua logica "usa e getta" delle persone - per poi uscire personalmente sconfitto alle politiche nel 2006 in un drammatico scontro personale in cui fu proprio Perrin a diventare Senatore. E per ottenere "Cva" dal Presidente di allora, che è chi vi scrive, fu molto, molto gentile: nulla a che fare con il rinnovato capopopolo che ora ricostruisce la storia "Cicero pro domo sua". Aggiungerei che al Conseil di ieri la verità la sanno in parecchi ma tacciono per convenienza o paura. Nel "dopo Rollandin" parleranno anche loro, come fecero già in molti quando Rollandin cadde malamente. Sapete cosa penso? Che un leader normalmente non fa così, anche quando la bugia è ormai diventata il suo motto preferito. Non so quanto ancora durerà il suo "regno", ma ho l'impressione che si accorga - proprio con la nascita dell'UVP - che il pubblico attorno al "ring" si accorge che il pugile non è più lo stesso che assestava un tempo "k.o." micidiali. Tutto porta a dire che la musica sta cambiando e chi lo conosce - come me - da molti anni si accorge che questo cambio di scenario lo scuote in profondità e lo preoccupa perché, prima della pensione che verrà, deve ancora risolvere una serie di questioni nell'intricata matassa di vicende in cui si trova.