Faceva davvero impressione vedere ieri in televisione le immagini dalla pista "Olimpia 2" nel comprensorio sciistico del Cermis in Val di Fiemme nella nostra "cugina" Provincia autonoma di Trento, dall'altra parte dell'Arco alpino. Una pista catalogata "nera", come si vedeva bene, per la sua pendenza e lo sviluppo della discesa, dove una motoslitta al rientro nella notte da una cena in un rifugio è saltata nel vuoto, dopo aver rotto le reti di protezione, causando la morte raccapricciante di sei turisti russi, vittime di una corsa folle lungo un percorso inadatto e pericoloso. Chi conosce le piste di sci e, come me, si è occupato a lungo della legislazione sulla sicurezza in montagna, ha colto subito le gravi implicazione penali della vicenda e gli aspetti negativi per l'impatto mediatico della sciagura. Già sappiamo quanto pesi in generale sul mondo della montagna l'uso degli "incidenti", che a vario titolo avvengono in una zona dove esistono rischi oggettivi di vario genere, per una enfatizzazione di episodi di cronaca nera e ciò avviene sempre a discapito della normalità che finisce per essere soverchiata da avvenimenti dolorosi. E' una rappresentazione distorta della realtà che spinge sulla pericolosità della montagna senza operare i giusti distinguo e di cui non si vedono elementi correttivi nella logica che sono soprattutto le cattive notizie a fare notizia. In senso positivo va, invece, rilevato come proprio le autonomie speciali del Nord, noi compresi, abbiano adoperato con acume la loro competenza legislativa, approvando norme per la sicurezza nei comprensori sciistici e potenti macchine organizzative per i soccorsi. E' un caso di scuola di perché, nel bagaglio dei principi di autogoverno di certe zone, ci debba essere lo strumento legislativo che esalta la conoscenza specifica di luoghi e avvenimenti con un sensibilità e un dettaglio impossibili per un legislatore nazionale. Il cuore della nostra autonomia odierna sta proprio nel trovare i spazi giusti fra il centralismo romano e l'invasività delle norme europee. Basti pensare proprio alla materia complessa delle piste di sci e ai problemi di sicurezza, presenti nella Legge regionale numero 9 del 17 marzo 1992, modificata negli anni successivi in modo puntuale per corrispondere ai cambiamenti necessari per fissare bene procedure e responsabilità. Questa normativa nacque anche, per essere onesti, per alcuni incidenti luttuosi che spinsero a fissare regole chiare e stringenti. Caposaldo, contro una legislazione statale inopportuna, è stata quella norma d'attuazione dello Statuto - la legge numero 79 dell'11 febbraio 1998 - che recita con chiarezza: "Tutte le attribuzioni e le funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di piste da sci, da discesa e da fondo, sono trasferite alla regione autonoma Valle d'Aosta". Previsione che è risultata utile quando lo Stato ha varato la legge statale numero 362 del 24 dicembre 2003, (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo), di cui il legislatore valdostano ha potuto prendere quanto riteneva utile, mantenendo in materia un proprio modello che resta all'avanguardia in Europa e che molti hanno ricopiato. E' questa, in un caso concreto, una delle ragione dell'autonomia: regolare in proprio materie di cui si ha maggior conoscenza e consapevolezza e non un astratto desiderio di produzione legislativa. Di qui il mio regolare sdegno quando altri, anche da noi, vogliono traslare scelte dello Stato nel nostro ordinamento, svilendo originalità e intelligenza della nostra autonomia speciale.