Si avvicina la fine dell'anno ed è tempo di bilanci e qui registro una parte dei miei pensieri sul 2012 con il vantaggio di aver appuntato tante riflessioni sul blog con regolarità quotidiana e ciò mi esime da troppi giri di parole. Certo ci potrebbero essere altri livelli di lettura di tipo professionale o familiare, che però sono estranei rispetto ad argomenti più propriamente politici, ma rientrano - e devo dire in positivo, per fortuna - nella valutazione complessiva. E partono sempre da una componente caratteriale di cui non ho un merito proprio: resto un ottimista anche nei momenti più avversi e i tempi che tutti stiamo vivendo sono certo intrisi di preoccupazione, ma il mio stato d'animo è sempre improntato alla speranza non stolida ma fatta di un realismo fattivo. Certo è stato un "annus horribilis" per la nostra autonomia speciale per un vero e propri assedio dal centro della nostra autonomia speciale in un contesto politico confuso e nel cuore di una crisi economico-finanziaria che fa rabbrividire. Siamo stati vittime di attacco alle finanze regionali e alle prerogative statutarie già iniziato con il Governo Berlusconi - malgrado molto maquillage - e perfezionato dal Governo Monti. L'ho vissuto nella mia attività di consigliere regionale, che ho svolto con lo scrupolo necessario nei diversi impegni e nel ruolo di membro della "Commissione paritetica Stato - Valle d'Aosta" su cui mi sono intrattenuto giorni fa. Questo grido di dolore del sistema autonomistico italiano l'ho portato anche a Bruxelles, nel mio mandato di Capo della delegazione italiana al "Comitato delle Regioni", depositario nell'Unione europea di quel principio, calpestato in Italia, della sussidiarietà e cioè del principio di rispetto dei diversi livelli di democrazia rappresentativa e di governo. Lo stesso ho fatto al "Consiglio d'Europa", l'istanza europeistica ben più vasta come Stati membri del solo perimetro comunitario. Questa "visione larga" che ho accumulato negli anni - e spero che le conoscenze accumulate possano essere ritenute utili - mi hanno convinto anche al "grande passo" a cavallo fra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo. Credo in un "progetto rifondativo" di parte del mondo autonomista - o meglio federalista - che deve tornare a emozionare e far partecipare e io stesso ho avuto la fortuna di vivere momenti di questo genere di entusiasmo e effervescenza, segno che è possibile uscire dal grigiore e da una certa cappa che spegne ogni voglia di fare e di esserci. Preciso, in fondo, come so bene che queste riflessioni comportino per qualunque eletto di lungo corso come me degli elementi di autocritica, senza cadere nella tentazione di far ricadere su altri o su uno solo responsabilità che vanno condivise. Ma è altrettanto vero che operazioni di rinnovamento devono implicare passaggi di testimone e di memoria collettiva, che obbligano a un dialogo che in certi momenti diventa in incomprimibile e la pentola a pressione salta in aria se questo non si dimostra possibile. Così è stato e ora bisogna costruire qualcosa di nuovo e - parola chiave del 2013 - di sincero.