Sul "caso Viérin", che è "à la une" dell'informazione locale, ho un innegabile vantaggio: non ho nulla da aggiungere questa mattina a quanto ho già detto in questi giorni o forse in questi mesi, se non confessare un senso di vertigine per gli eventi che si stanno necessariamente producendo in un concatenamento causa e effetto che turba. Rivendico, per altro, il diritto di scrivere qui quotidianamente, visti certi appelli in merito. Chi se ne lamenta potrebbe usare, se in grado di farlo personalmente, analoga modalità di comunicazione di cui non ho certo l'esclusiva. Non condivido l'invito periodico alla "segretezza" della politica, che è modalità antica, come si evince in tutte le democrazie mature del mondo. Ho conosciuto Laurent da ragazzo e l'ho visto diventare adulto in una dimensione politica sempre vissuta con impegno e costanza e questa conoscenza basta e avanza per rispettare le sue ragioni e condividere le sue preoccupazioni in un passaggio delicato della sua vita. Dimettersi è una scelta da non banalizzare e chi gioca con ironia e sarcasmo sembra non rendersi conto di che cosa stia avvenendo di profondo nei cambiamenti attorno a noi. Certo il caso vuole che, in una logica di vera e propria decompressione, io non sarò in Valle per tre giorni. Oggi sono a Roma per la riunione della "Commissione paritetica Stato - Valle d'Aosta": si parlerà delle norme d'attuazione già varate e sparire nei meandri di Palazzo Chigi per omissione del Governo Monti e discuteremo sulla soppressione della figura del presidente della Commissione di Coordinamento, ormai svuotata di funzioni, ma difesa con le unghie e con i denti dal Ministero dell'Interno, malgrado il ruolo ormai privo di reale sostanza sia stato segnalato dalla Sezione di Controllo della Corte dei conti. Stasera salirò a Bruxelles, dove avrò un fitto tour de force che riguarda diversi filoni: dal confronto fra le diverse delegazioni nazionali sull'impasse sui bilanci comunitari alla macroregione alpina, dal confronto sui guai in cui versa il regionalismo al futuro dell'Erasmus per i giovani universitari. Non si tratta - intendiamoci bene - di bearsi di un'astrazione dalle vicende locali per chissà quale snobismo, ma semmai di segnalare come certi temi evocati dallo stesso Viérin nelle preoccupazioni espresse si sostanzino proprio in un triangolo ideale "Aosta - Roma - Bruxelles", che rappresenta la dimensione su cui si giocheranno i destini futuri della nostra piccola Regione. Il passaggio è stretto e so quanti veleni ora saliranno in superficie e il gioco al massacro rischia di oscurare la bontà dei temi posti, specie rispetto a quel dibattito auspicato nella speranza che sia vero e concreto in un momento cruciale per il futuro dell'autonomia speciale della Valle d'Aosta. Se tutto venisse rappresentato come personalismi, frustrazioni, lotte di potere si perderebbe un'occasione per scavare in profondità sulle ragioni dei crescenti disagi che si manifestano nella nostra comunità e per le scelte decisive che devono essere fatte in questo contesto di cambiamenti epocali.