La crisi è il nuovo prezzemolo. Io stesso mi accorgo di usare spesso questo ingrediente. Non che la crisi non ci sia: basta guardarsi attorno per capire quanto l'economia soffra e porti strascichi terribili, come la chiusura di attività imprenditoriali e la disoccupazione crescente che colpisce anche la Valle d'Aosta. E non è mai consolante - in questo come in altri casi sui dati fondamentali - che altrove le cifre siano più alte.
La crisi vuol dire anche una forte compressione della spesa pubblica, con una forbice a due lame. La prima sono i tagli veri e propri verso la finanza regionale e locale. La seconda è quel meccanismo, che dovrebbe essere virtuoso e che si chiama "Patto di stabilità", che obbliga a un regime così stretto che non solo hai meno soldi, ma - paradosso ben visibile nel nostro Bilancio regionale - non puoi spendere neppure i soldi che hai. Tutto questo "dimagrimento", come una dieta troppo draconiana e improvvisa, sta fortemente danneggiando l'organismo. Così, per rientrare giustamente dal debito pubblico e per rendere più virtuosa l’amministrazione pubblica, rischiamo di trovarci in una situazione perpetua di stallo dell’economia e soprattutto con lo Stato sociale, cui siamo abituati, che riduce giorno per giorno prestazioni e servizi, impoverendo ogni cittadino. Brutta storia cui la politica sembra non essere in grado di reagire, specie in un'Italia "appaltata" a tecnici dalla scarsissima sensibilità politica con piazze che ribollono e capacità di comunicare pari a zero. Un miscuglio che rischia nei mesi a venire, ancora prima delle elezioni politiche che dovrebbero ridare alla politica un respiro, di creare situazioni sociali esplosive foriere di ulteriori peggioramenti. Resto convinto, ma spero di non essere un illuso, che esista la forza in Italia per riprendere un cammino di confronto democratico sulle cose da fare e trovare le ragioni profonde di condivisioni di speranze e progetti. Lo stesso vale, nel piccolo, anche in Valle d'Aosta, dove non si può nascondere sotto il tappeto quella polvere che si è creata nel tempo per uno scarso uso dello strumento del confronto sui destini della nostra comunità. Non è questione di tifoserie, per carità. Quelle - tra zelanti, zeloti e cretini - rischiano solo di fare danni in tutti gli schieramenti e nel rapporto fra le forze politiche. Ci vorrebbe solo un punto a capo che serva alla politica per ricentrare le priorità e questo può avvenire se tutti, dico tutti, sapranno rinunciare a qualcosa. Vedremo.