Non sono mai stato astemio e confesso, naturalmente con le mie preferenze, di aver sempre considerato il "buon bere" un plus della propria vita. Come tutti ho attraversato turbolenti anni giovanili e certi eccessi che talvolta la fortuna ha voluto che non pagassi particolarmente. Lo dico senza fierezza, ma anche senza falsi moralismi. Quando ero presidente della Regione, dunque con le celebri responsabilità prefettizie, mi ero occupato di questa questione dell'abuso di alcol in maniera assai laica e senza integralismi in una Regione dove l'alcolismo – poche balle – è e resta un fenomeno sociale. Confesso che l'esperienza di approfondire quel tema, attraverso diverse modalità, compresi dei test all'uscita di certi locali in tarda notte non per multare ma per capire, mi confermarono quanto si può temere. L'abuso di alcol esiste e temo che in ogni famiglia, compresa la mia, ci siano stati casi veri e concreti con cui ognuno abbia potuto confrontarsi di come sia facile per chiunque attraversare quella linea di "non ritorno" che porta direttamente al cimitero.
Ho amici che sono finiti nella rete dei controlli stradali e sono entrati nel girone dantesco delle sospensioni delle patenti, delle visite mediche, dei sequestri e delle aste dei mezzi e tutti gli annessi e connessi. Una via crucis sconsigliabile e per questo – mi spiace per i ristoratori – ma sono entrato nell'ordine di idee che se esco e devo usare l'auto non bevo o uso il metodo scandinavo del guidatore che non beve e porta in giro chi sbevazza. Penso però che in fondo è questa una rappresentazione molto parziale e minacciosa del problema che rientra in quel filone antiproibizionista, assai utile per evitare incidenti stradali, ma che in fondo è una "foglia di fico" che non copre affatto il complesso di una vicenda molto più complicata di perché nasca e si sviluppi, sotto diverse forme, un consumo eccessivo e sconclusionato di una sostanza, l'alcool, di cui l'umanità, valdostani compresi, dovrebbe avere ormai piena consapevolezza. Ma sappiamo purtroppo che non è così e il problema sociale dell'abuso picchia duro e colpisce nuove tipologie, come dimostrato dal crescente alcolismo femminile. In fondo, alla fine, resta un problema educativo, da non scaricarsi sempre e solo sulla scuola, che dovrebbe essere luogo deputato a troppi insegnamenti. Io penso che esista sempre un primario contesto familiare dove cercare, senza troppi complessi e tabù, esplicitare anche problemi come questi che oscillano fra l'educazione alimentare ed i rischi di patologia attraverso molte varianti che vanno affrontate nel dialogo con le persone care. Altrimenti questa battaglia continua fra uso e abuso è destinata ad essere persa.