Temo che la giornata di oggi sarà la "Caporetto" del regionalismo italiano e il fronte sarà il Consiglio dei Ministri. Da Roma, dove si sono registrati in questi anni i peggiori casi di malcostume nelle Regioni, arriva - paradosso incredibile - l'ondata moralizzatrice. Sulla spinta della comprensibile rabbia popolare per ruberie, sprechi e stupidità di alcuni, che vanno perseguiti per i loro comportamenti, ricordando che la responsabilità penale è personale e non collettiva, assieme all'acqua sporca si butterà via anche il bambino. Il regionalismo vivrà in queste ore un'eclisse senza precedenti. Alla fine di anni di martellamenti contro la democrazia locale, ormai per le Regioni si è giunti al dunque e i tecnici - in larga parte boiardi di Stato - sono pronti a fare marcia indietro, imboccando da oggi la strada dello statalismo più forte e del centralismo più becero. Quel che indigna è propria il fatto che si usa per tutti la ghigliottina senza alcun distinguo. Anzi, l'autonomia speciale come la nostra che, pur tra mille limiti e difetti, ha attraversato con dignità sessant'anni di storia diventa un'anomalia da cancellare a furor di popolo. In questi giorni contro di noi abbiamo sentito le solite grida «ricchi! privilegiati!», cui si è aggiunta una curiosa motivazione «piccoli!». Come se i popoli dovessero essere valutati dalla taglia e solo i grandi popoli avessero diritto di esistere. Oggi penso ne leggeremo delle belle nel decreto legge che il Governo varerà nella "filosofia antisprechi", che sarà occasione per un regolamento di conti dopo un ventennio di proclami federalisti e di un regionalismo appena appena valorizzato. Torna la Nazione, chiamiamola con il suo nome, che decide e regolamenta, mette guinzagli e mordacchie, nel nome dei poteri forti e di un'élite di tecnici in larga misura figli e figliastri di quella politica che oggi combattono dall'alto del loro cavallo bianco. Politica italiana che certo non va assolta, ma al processo devono andare quelli che si sono dimostrati ladri ed inetti e non pensare che la soluzione sia una sospensione della democrazia nel nome dell'emergenza economica. Scorrete le biografie di molti ministri, oggi "Catoni censori" delle autonomie locali, e vedrete che anche loro - per lo più anziani - c'erano ed erano in ruoli chiave nella Repubblica di cui oggi propongono il commissariamento. Si tratta dunque di non essere solo spettatori, ma per quel che mi riguarda non accetterò mai e poi mai che a colpi di decreto legge si operi per svuotare la nostra autonomia e vedremo cosa faranno i partiti in fase di conversione del decreto. Non penso che sarà facile spiegare ai valdostani eventuali voti favorevoli per chi si dice autonomista ad Aosta con i partiti di riferimento a Roma che fanno il contrario. Ci sono norme e procedure da rispettare. E' una questione di diritto ma soprattutto di politica. È una questione di dignità e di amor proprio. Certo esistono doveri che sono alla base di ogni forma di autonomia, ma esistono anche diritti che non possono finire nel tritacarne. Altrimenti ad una democrazia si è sostituita una dittatura, dolce magari e nascosta dall'urgenza delle molte emergenze, ma pur sempre una dittatura.