«Quand on s'indigne, il convient de se demander si l'on est digne». Così rifletteva l'Abbé Pierre con una frase che può essere letta in due modi in questo momento contingente. Momento duro e difficile, spesso incomprensibile, specie per chi crede nella politica. Roma versus Aosta. Io mi indigno di tutte le manovre in atto, in un concerto vasto come se ci fosse un direttore d'orchestra o almeno un idem sentire, che mira allo svuotamento dapprima e alla soppressione della nostra autonomia speciale. Ma siamo come valdostani sicuri di essere degni e cioè di essere una comunità che ha diritto, persone che meritano? Io - dolorosamente conscio di quanto non funzioni hic et nunc - penso di sì perché è scritto nella storia. Non è solo una questione di diritto costituzionale, perché lo Statuto fotografa qualcosa che si ancora alle norme giuridiche, ma che è prepolitico come può esserlo il senso d'identità e di appartenenza. Aosta versus Roma. Roma si indigna di noi con la solita logica, riassumibile nelle famose cinque "W" del giornalismo americano: "who" ("chi"), "what" ("cosa"), "when" ("quando"), "where" ("dove") e "why" ("perché"). Chi si indigna? Gli stessi che già alla Costituente e in molti ambienti erano nel dopoguerra contro irrimediabilmente contro e che in un passato recente si son pure travestiti da federalisti. Cosa? L'autonomia speciale è un pezzo di un possibile quadro federalista, alternativo per chi predica un misto ormai fra centralismo e poteri forti. Quando? Ora, certo, ma il rumore scende e sale secondo i tempi e ora le grida contro la nostra autonomia appaiono lancinanti come intensità e durata. Dove? Nella politica e nel giornalismo in particolare, uniti da un collante di fine di cancellare ogni diversità politica e amministrativa. Perché? Lunga storia che attraversa le epoche e oscilla fra il desiderio d'autogoverno e le spinte che si oppongono e ora vale il "Roma contro tutti" Così, semplicemente. E questo insieme è più degno di quel che rappresenta l'autonomia speciale e spera addirittura nel federalismo? Io penso di no perché lo Stato è e resta in Italia di gran lunga lo scialacquatore per eccellenza e non mi stancherò di farlo sapere, altrimenti il silenzio di oggi non sarebbe niente altro che complicità in un disegno in cui alla fine non saremmo neppure più una marginale Provincia piemontese ma un'insignificante parte dell'area metropolitana di Torino. Che si chiaro infine che i ladri sono ladri e l'assioma che dovrebbe legare regionalismo e chi ha rubato soldi pubblici è un esercizio ridicolo ma, visto quel che sta capitando, efficace.