Albert Cerise, che ci ha appena lasciati, non gradirebbe un suo ricordo sdolcinato. Non era questo un tratto del suo carattere. Albert era un gran lavoratore, pignolo e talvolta ruvido e quando aveva un dossier in mano - nei diversi ruoli ricoperti nella sua vita - lo portava sino in fondo con accuratezza e con il piglio di un caterpillar. Era la sua una passione per l'operosità, appresa nella vita e praticata sino all'epilogo del recente declino fisico derivato da una malattia divorante, cui pareva in limine essersi lasciato andare, quasi conscio - lui uomo di fede, amico di Giovanni Paolo II - della fine che si avvicinava nel profilo di quelle amate montagne che poteva vedere da casa sua e su cui, immagino, sia volato via al momento dell'estremo distacco. L'avevo conosciuto dapprima come giornalista, quando era a capo della Forestale. Già allora avevo capito quanto amasse in concreto la Valle attraverso una conoscenza rara nella sua accuratezza del suo territorio. Per noi cronisti era un "pozzo di San Patrizio": specie nei periodi di stanca ci aiutava a trovare spunti interessanti che interpretava in modo teatrale, come quando cavava di tasca a tavola la sua scatolina con l'immancabile peperoncino polverizzato. Poi lo conobbi da politico, notando l'attenzione per l'Amministrazione, le sue regole e le fonti giuridiche. Quando lui stesso era sceso in politica, l'ho avuto come collega in Consiglio e poi in Giunta. Un decisionista pronto a discutere anche con grande animazione, ma poi in molte occasioni - specie dopo la morte dell'amatissima Dinella - si mostrava in tutta la sua fragilità, talvolta con telefonate serali in cui metteva a nudo - e non erano debolezze ma umanità - un tratto caratteriale nostalgico, imprevisto per chi non lo conoscesse. Ma io voglio ricordarlo come "mio" Assessore, quando stupiva tutti - ad esempio nel momento in cui si discutevano delibere su zone poco note - per quella sua capacità di descrivere ogni luogo, anche il più oscuro, della nostra Regione, con un'aneddotica ricca e divertente, spesso rappresentazione di una Valle che non c'è più con tanti personaggi d'antan ormai scomparsi. Abbraccio con affetto i figli e i fratelli e dico ai nipoti che potranno, ad esempio attraverso i suoi interventi in Consiglio Valle o nelle interviste del vasto archivio "Rai", ritrovare ancor meglio, accanto ai ricordi personali, il proprio nonno con il suo contributo di lavoro e di idee. Il nostro era un rapporto schietto, senza formalismi e infingimenti e, come avviene in politica, fatto di alti e di bassi, specie - perché tacerlo? - quando era diventato Presidente del Consiglio, incarico per cui mi ero proposto anch'io. Ma non bisogna mai guardarsi indietro e questo nei suoi confronti non ha mai significato il venir meno della stima e dell'apprezzamento, specie quando ritrovi nel tuo interlocutore la stoffa di politico e l'amore per la Valle, la sua natura, le sue genti. Saluto, come talvolta lo chiamavamo per scherzo, per la sua guida vigorosa del Corpo Forestale, il Generale Cerise (lui sapeva che c'era un generale di Napoleone, Guillaume, che portava il suo stesso cognome). La Valle d'Aosta oggi gli rende onore per l'insieme della sua vita e anche per l'ultima, coraggiosa battaglia contro il cancro.