Capisco che talvolta possa capitare di fissarsi su un punto, ma un rovello è un rovello e non ci posso fare niente. Ho sempre pensato e praticato nel mio lavoro politico il pensiero che lo Statuto d'autonomia fosse il punto di partenza, mai il punto d'arrivo per i valdostani. Per questo ho predicato e mi sono dato da fare per modifiche statutarie, norme d'attuazione e attività varie sull'ampliamento dei nostri diritti nella legislazione statale e sulla qualità della nostra legislazione regionale che va spinta sempre sino al limite nel rapporto con lo Stato. L'alternativa è essere sciatti, attendisti o peggio ancora "calabrache". Altrimenti sarebbe pienamente realizzata la profetica previsione di mio zio Severino Caveri, cioè che lo Statuto octroyé e dimezzato rispetto alle aspettative nel periodo 1945-1948 avrebbe originato comunque un'"endroumia" (addormentamento delle coscienze e delle rivendicazioni). Non che il rischio non ci sia o meglio che non si manifesti in una specie di spirito di rassegnazione, simile a quella catatonia che portò al declino del Duché d'Aoste verso il centralismo sabaudo nel Settecento. Spesso mi chiedo se chi la pensa come me, considerando lo Statuto intangibile e da portare al più presto a livelli maggiori d'autogoverno lungo la difficile via del federalismo, non rischi di trovarsi al dunque come un generale con bei galloni ma senza truppe, nel caso disgraziato in cui - come temo - progredisse davvero quella "tentazione" oggi chiassosissima di sopprimere le autonomie speciali nel quadro di una feroce ricentralizzazione che qualcuno - scommettiamo? - potrà sfruttare per un disegno autoritario. L'altro giorno su "Twitter" c'era chi, qui in Valle e non in Transilvania, ha scritto, riferendosi ai ripetuti editoriali che invocano la morte delle autonomie differenziate: «ditemi dove si firma». Provocazione intellettuale, immagino, ma penso che tra coscienze che sonnecchiano, atteggiamenti un poco snob e nemici dell'autonomia che numerosi e spesso solo "in sonno" agiscono fra di noi, come i guerrieri nascosti nel "cavallo di Troia", ci sia davvero poco da stare allegri. Sarebbe bene che il mondo autonomista, che è frastagliato e diviso, si ponesse in Valle e nel dialogo fra le diverse "speciali" qualche interrogativo in comune e giocasse in squadra. Altrimenti è meglio far preparare la pietra tombale dell'attuale regime autonomistico (e per beffa ce la scolpiranno pure in francese) e poco conterà, se non per mostrare le loro responsabilità, denunciare assassini, complici e collaborazionisti del misfatto.