«E' nato prima l’uovo o prima la gallina?». Il dilemma, di cui non sfugge a nessuno l'uso, anche scherzoso, nelle discussioni fra amici, pare ormai essere risolto a vantaggio dell'uovo, ma l'espressione retorica - specie se applicata alla politica, spesso un pollaio - resta sempre buona. Ci riflettevo in queste ore in cui la situazione politica italiana, anche se la politica è attualmente e non si sa per quanto tempo appaltata ai "tecnici",resta dominata dalla ricerca della legge elettorale perfetta. L'illusione non è nuova: in molti passaggi, più o meno riusciti, si è pensato che la soluzione dei problemi italiani - nell'attesa messianica di "grandi riforme" mai avvenute sul sistema istituzionale della Repubblica - ci fosse la riforma elettorale, frutto nel tempo di accordi fra i partiti o sulla spinta di referendum popolari. Ma ogni illusione che la legge elettorale creasse stabilità si è infranta contro lo spezzatino della partitocrazia italiana, frutto di un proporzionalismo che è probabilmente nel DNA fondatore dello Stato.
Il punto di partenza resta la vigente Costituzione, frutto degli equilibri del dopoguerra, che non contiene disposizioni puntuali sul sistema elettorale, limitandosi a stabilire che le Camere sono elette "a suffragio universale e diretto" (articoli 56, comma 1, e 58, comma 1) e aggiunge che le elezioni per il Senato si svolgono su "base regionale" (articolo 57, comma 1). Spetta dunque alla legge ordinaria, approvata dal Parlamento, il sistema elettorale per le elezioni politiche. Fino al 1993 le elezioni politiche si svolgevano con un sistema proporzionale di tipo puro, tranne che per le sole elezioni del 1953, quando si votò con una legge elettorale maggioritaria (rimasta nella Storia come "legge truffa"), voluta dalla Democrazia Cristiana e dai suoi alleati per ottenere il controllo certo della Camera dei deputati., prevedendo che alla lista o all'insieme delle liste che, essendosi "apparentate" tra loro, avessero ottenuto più del 50 per cento dei voti toccasse il 65 per cento dei seggi. Il sistema "premiale" fallì per poche migliaia di voti, e la legge venne abrogata, tornando al proporzionale. Per le elezioni del 1994, il Parlamento italiano votò - definendo il sistema "Mattarellum" dal nome del relatore del provvedimento - un nuovo sistema elettorale misto, a prevalenza maggioritaria: i tre quarti dei deputati e dei senatori erano eletti con un sistema maggioritario basato su collegi uninominali, il restante dei deputati e dei senatori era eletto con il sistema proporzionale. Nel 2005 la legge elettorale per la Camera e il Senato venne nuovamente modificata, con l'introduzione di un sistema proporzionale corretto con un premio di maggioranza e con sbarramenti, eliminando ogni possibilità di scelta degli eletti visto che le liste sono "bloccate" e l'ordine di presentazione e dunque di elezione viene deciso dai partiti. Intendiamoci: questo sistema aveva teoricamente garantito a Silvio Berlusconi una stabilità parlamentare, ma di fatto il centrodestra , come lo schieramento avversario, non aveva caratteristiche realmente omogenee di un bicameralismo compiuto e questo - come già avvenne per Romano Prodi - ha portato ad una rottura della maggioranza e il copione rischia di ripetersi se non cambierà la legge in vigore, chiamata, con finezza, "Porcellum". In questo momento, mentre si avvicina per la primavera del prossimo anno la scedenza naturale della Legislatura, il dibattito sulla legge elettorale, per quanto al centro dell'agone politico, langue con reciproci scambi d'accuse. Una sorta di palude malsana, mentre la politica raggiunge il suo minimo storico nella credibilità verso i cittadini. Penso che sarebbe il caso di darsi una mossa, altro che uovo e gallina!