Ho passato due giorni ad occuparmi del regionalismo in Marocco. Con il collega svizzero Philippe Receveur, ministro nel cantone del Jura, sono stato incaricato dal "Congresso dei poteri regionali e locali" del "Consiglio d'Europa" di capire come vanno le cose in tema di autonomia e decentramento a Rabat. Con me, oltre al personale a supporto della missione, due giuristi, il ginevrino Nicholas Levrat e lo spagnolo Juan José Ruiz Ruiz. Un istruzione per l'uso: il "Consiglio d'Europa" non è un istituzione dell'Unione europea, ma precedente (nasce nel 1949) e parallela e copre - dalla sua sede di Strasburgo - un perimetro più vasto dal punto di vista geografico, visto che ne fanno parte 47 Paesi, venti in più dell'Unione europea, spingendosi sino alla Russia e a Paesi già facenti parte della vecchia Unione Sovietica o ai Paesi balcanici non ancora comunitari o a piccoli Stati - tipo San Marino e Andorra - che non fanno parte dell'Unione. Fra le "mission" delle diverse configurazioni del Consiglio d'Europa lo sviluppo della democrazia locale con accordi internazionali e azioni attive anche al di fuori dal perimetro degli Stati membri, come nel caso del Marocco. Gli incontri istituzionali, con i due rami del Parlamento e diverse autorità che non cito per brevità, miravano a capire a che punto fosse il processo di "regionalismo avanzato", come lo chiamano che dovrà sostituire, il flebile regionalismo delle sedici Regioni attuali. Questo processo rientra nell'applicazione della nuova Costituzione voluta dal Re, Hassan II (onnipresente in effigie in ogni angolo), anche come risposta alla famosa "primavera araba" che sta scuotendo i Paesi di tutto il Nord Africa e non solo. Oltretutto, nel quadro del regionalismo, va risolta la questione spinosa, che ho dovuto studiare a fondo per non essere impreparato, del Sahara Occidentale, zona al Sud - ricca di pregiate materie prime - che venne lasciata nel 1975 dal colonizzatore spagnolo e che da allora è uno dei focolai di guerra nel mondo con un contenzioso con gli indipendentisti locali supportati dall'Algeria. Vecchia e lunga storia di cui si occupano da allora, senza reali successi, le "Nazioni Unite" che hanno in loco i caschi blu a vigilare sul "cessate il fuoco". Per le popolazioni di quella zona si prospetta da tempo un regime di autonomia speciale, promesse vane sinora ma ripetutamente ribadite nei nostri incontri con interlocutori - comprese molte donne deputato e non è banale in un mondo arabo che si sta radicalizzando - di elevato livello politico e culturale. Per me è stato interessante, visto che il regionalismo è - giocoforza per un politico valdostano - una materia prediletta e declinare i problemi del regionalismo in Europa è non solo, a vantaggio dell'ancora vago progetto marocchino ed è anche un'utile ginnastica mentale.