Sarà cattiva memoria ma non ricordo un interesse così forte per gli Europei di calcio. Un interesse che si fa calor bianco ora che l'Italia ha vinto contro l'Inghilterra e dunque giocherà giovedì prossimo (rientrerò in aereo da Bruxelles su Torino all'ora del calcio d'inizio!) in semifinale con la Germania. Vi rassicuro sul fatto che non parlerò approfonditamente di calcio. Come detto più volte non me ne intendo, anche se - come tutti - non ho complessi a dire la mia. Trovo che gli "azzurri" abbiamo avuto fortuna ad arrivare sino a qui e il terno al lotto dei rigori - una barbarie per chiudere i giochi cui contrapporrei partite ad oltranza con un metodo più furbo del defunto "golden goal" - ha comunque premiato chi se lo meritava. Certo il caso è beffardo. Si giocano gli Europei in un momento in cui di Europa si parla tanto in politica e senza un millesimo dell'interesse che suscitano le partite di calcio nel perimetro del Vecchio Continente. Anzi - lo dico per me stesso - forse quel pelo d'interesse in più per gli Europei derivava già, prima della prestazione faticosamente ottenuta dalla Nazionale, da un desiderio comprensibile - genere "panem et circenses" - di svago in un periodo in cui la quotidianità serve solo informazioni mefitiche. Il calcio è un rito collettivo, dalle evidenti origini tribali, che ricorda - come in un noto saggio di Desmond Morris - il tempo in cui certi giochi nacquero per simulare la guerra per non farla per davvero. Un salutare passo avanti che purtroppo ha solo limitato i danni, perché c'è sempre chi preferisce la guerra vera a quella spostata sui campi di gioco. Non si può non segnalare come comunque gli Europei calcistici interessino più dei destini, giunti ad un passaggio cruciale, dell'Unione europea e in particolare di quella moneta non a caso battezzata "euro". Purtroppo non me ne stupisco: la democrazia, compresa quella continentale, dovrebbe andare a braccetto con la consapevolezza e l'interesse dei cittadini. Ma il meccanismo si è inceppato a tutti i livelli e dunque cresce qualcosa di non previsto dagli studiosi del diritto costituzionale e dai filosofi della politica: la democrazia dovrebbe prevedere la conoscenza e ogni scelta dovrebbe essere frutto di un'opinione pubblica partecipe. Raramente ormai è così, ma mi fermo perché sto andando fuori tema o, direi, in fuorigioco...