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27 dic 2011

Lo sconcerto

di Luciano Caveri

Una parola per riassumere il 2011? Direi: sconcerto. L'Italia si è trovata sull'orlo del baratro e tutto ci era stato accuratamente nascosto. Io di dubbi ne avevo e li avevo esplicitati qui. Scrivere è sempre rischioso perché, come dicevano i romani  "scripta manent", ma  in questo caso l'esercizio si è rilevato utile. Anche se «l'avevo detto» serve a poco. Lo sconcerto non è solo per la crisi economica, ma anche per la crisi della politica, portata alle estreme conseguenze nel degrado italiano.

Prendersela ora con Silvio Berlusconi potrebbe suonare sterile, ma visto quanto si sta ringalluzzendo direi che è bene ricordarsi in quale sostanza ci abbia immersi sino al collo. Che poi lo sconcerto valga anche per un'opposizione di sinistra litigiosa e divisa e senza reale capacità di essere alternativa alla destra lo si vede con chiarezza. Per non dire della Lega di lotta, dopo essere stata di Governo in una logica da "reggicoda". Lo sconcerto è per un'Unione europea a pezzi fra litigi e paralisi e così l'Europa rischia si rompersi in mille pezzi. L'integrazione europea è un valore per l'economia e per la politica, ma la chiave federalista - e lo stesso vale in Italia - nessuno vuole usarla davvero. E la Valle d'Aosta? Anche qui c'è sconcerto. Non voglio neanche più parlare dell'embrassons-nous unionista al Popolo della Libertà e neppure di un eccesso di verticismo nella gestione amministrativa e politica in Regione. Sono cose dette e ridette. Lo sconcerto riguarda anche una certa fiacchezza della nostra comunità verso i valori dell'autonomia speciale, che non è un fatto acquisito per sempre ma obbliga ad una tensione politica continua e allo sforzo per essere innovativi. L'autonomia prevede un assunzione di responsabilità e un dovere morale come precondizione. E' bene fare tesoro dell'insieme di preoccupazioni, perché lo sconcerto serve solo se, in una logica di causa e effetto, si innescano le necessarie reazioni.