Era nato nel 1920 e quindi la sua vita ha attraversato quasi un secolo di storia. Ricordo con affetto e amicizia il Commendator Adolfo Formento Dojot, Chevalier de l'Autonomie, dirigente "Ilssa Viola" (stabilimento siderurgico di Pont-Saint-Martin) e persona impegnata nel ricordo delle vicissitudini degli internati italiani nei campi di concentramento tedesco, esperienza che lo accomunava a mio padre, amico di una vita e pieno di quell'entusiasmo del dopoguerra difficile da capire per la mia generazione. La forza vitale spesa nel Carnevale del paese, di cui fu un grande animatore, era in fondo come un credito accumulato negli anni bui e dolorosi della guerra, che aveva lasciato in lui un orrore - sempre espresso nelle occasioni pubbliche - verso le guerre. Con me, che considerava amico sincero, spesso si sfogava sul rischio che i giovani perdessero la consapevolezza di certi passaggi drammatici del Novecento che aveva vissuto sulla pelle sua e dei suo commilitoni, che ritrovava ogni anno al Santuario di Perloz, quando di anno in anno le file si assottigliavano e lui non demordeva. Soffrì moltissimo della morte del suo "coscritto", mio caro zio, grande capo partigiano, Ulrico Masini. Era un uomo vitale e simpatico, che non si piegava facilmente al passare degli anni. Se n'è andato con la discrezione caratteristica di questi "ragazzi" degli anni Venti con cui ho sempre amato conversare, perché "erano" un pezzo di storia da non dimenticare.