Guardo il discorso di fine anno del Presidente Giorgio Napolitano e sono contento di averlo votato per l'ampiezza e la profondità del messaggio, che conferma che al Quirinale non c'è, per fortuna, il vuoto. Della stessa generazione dei miei genitori, Napolitano è un galantuomo d'altri tempi, un comunista "liberal" in origine che incarna oggi con dignità le istituzioni perché ha scelto la politica in modo limpido senza traffici, porcherie, volgarità e con una cultura umanistica profonda che emerge dalle sue parole. Ho avuto l'onore di frequentare il Presidente e dunque non lo scrivo per sentito dire. Un uomo di 85 anni che si rivolge alle giovani generazioni, cercando chiavi di lettura e risposte ai crescenti malesseri, merita rispetto e considerazione. Anche da parte di chi, trivialmente, vuole considerare "questa" politica come risibile se confrontata all'"altra" politica, quella appunto dei maneggioni che guardano come dei marziani o forse dei fessi quelli che credono nell'onestà in politica come precondizione per un impegno pubblico. "Volare alto", come ha fatto Napolitano, può essere strumentalizzato perché poco "popular" rispetto all'ammiccamento da messaggio pubblicitario o al pragmatismo che sembra considerare una "rottura" i meccanismi democratici in nome del "decidere, decidere, decidere", anche se poi, scavando, sono più le parole che i fatti. I giovani come speranza. Questo messaggio è difficile da far passare, ma il vecchio saggio che ha pronunciato certe frasi dimostra che il dialogo fra le generazioni è una delle poche speranze.