Una delle testimoni del filmato dedicato all'alluvione del 2000, in onda su "Rai3" negli spazi di "RaiVdA" martedì 19 e mercoledì 20 poco dopo il telegiornale della Valle, dice una cosa intelligente: «chi non ha vissuto quei momenti sembra non capire». Altri intervistati, campione di quei sentimenti che il ricordo innesca, tornano sul tema con dichiarazioni complementari, la cui logica è così riassumibile: «quando la ferita si rimargina e i ricordi si affievoliscono, la vigilanza cala». Per altro è giusto che non si possa vivere con eccessiva apprensione (confesso che ho trovato il titolo dell'insieme delle manifestazioni "Vallalluvione" piuttosto ansiogeno), ma bisogna avere conoscenza dei rischi come componente della nostra vita su questo nostro territorio. Questa premessa va tenuta da conto nel "punto e a capo" caratteristico di un anniversario, perché altrimenti non si focalizzano alcune questioni fondamentali a beneficio di chi non c'era, di chi non ricorda, di chi si è dimenticato. Ne vorrei proporre quattro. La prima questione è che il rischio grava sempre e mai si potrà azzerare il rischio nel rapporto con la montagna che incombe. La seconda è che esistono forme costose di prevenzione, come le infrastrutture di contenimento e questi investimenti pesano in epoca di finanza pubblica in crisi. Aggiungerei - e siamo al terzo punto - che va compresa la pianificazione del territorio, che potrà apparire dirigistica ma è necessaria. La quarta e ultima questione è che la protezione civile è ciascuno di noi e personalmente vorrei, come cittadino, sapere sempre meglio il mio da farsi in caso di emergenza.