Uno dei passe-partout della politica odierna in Italia è la "famiglia". In ogni discorso o programma, il riferimento non manca mai e il linguaggio immaginifico nasconde una realtà complessa. La ragione è semplice: il termine ha una sua vaghezza, perché dalla parte più conservatrice a quella più progressista (come invecchiano certe definizioni!) ognuno ha in mente la "sua" di famiglia. Per altro, guardando una larga parte della classe politica - e io non mi chiamo fuori - si vede che anche nel privato dei politici, com'è normale che sia, esistono situazioni diverse dalla modellistica classica del passato. Certo talvolta e per alcuni questo crea anche umoristici "effetti paradosso" quando le cose dette in pubblico sono difformi dal comportamento nella vita privata o quando esistono situazioni insincere di semplice facciata («diffidare dei politici bugiardi!»). Se una volta era "allargata" (tanti fratelli, nipotini e affini vari), oggi la famiglia è diventata "nucleare" (si è "ristretta" la famiglia), ma alla famiglia "normale" si è affiancata quella "di fatto", spesso a geometria variabile a seguito di separazioni e divorzi o con convivenze che sostituiscono il matrimonio e bisogna tener conto delle coppie con diverso orientamento sessuale uscite allo scoperto nella società. Su questi fenomeni di nuovi equilibri e trasformazioni che mutano il concetto tradizionale di famiglia, la Valle d'Aosta è ben presente con statistiche che parlano da sole. Questi cambiamenti implicano approcci nuovi e diversi perché la politica e l'amministrazione non vivono nell'iperuranio ma operano qui ed oggi. Far finta che la famiglia sia solo quella sorridente e patinata "alla Mulino bianco", che si presta per altro a colossali prese in giro, sarebbe una rappresentazione distorta dei fatti.