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13 set 2010

Un simbolo, suo malgrado

di Luciano Caveri

E' diventata un simbolo Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana di 43 anni che potrebbe morire lapidata nelle prossime ore. Se già la pena di morte, nelle sue diverse varianti tecniche applicative (in Valle d'Aosta era ordinariamente l'impiccagione), è un orrore, la lapidazione è una forma barbarica. Con pietre di mezza grandezza si uccide lentamente, pietra dopo pietra, la persona condannata, che può star lì a fare da bersaglio anche una mezz'ora, morendo tra atroci sofferenze. Sakineh è tuttavia un simbolo duplice. Per noi - con i distinguo del caso, pensando all'affezione negli Stati Uniti verso la pena di morte - è un'espressione del nostro politicamente corretto e di una civiltà giuridica, per loro - gli iraniani - è una difesa delle loro tradizioni derivanti da un integralismo religioso feroce e segno della tragicità della condizione femminile.  Forse sarebbe stato bene, durante la raccolta di firme, far firmare anche contro lo sforzo del regime iraniano per avere la bomba atomica: sarebbero emerse parecchie ipocrisie.