Dice: «Ma tu, sul tuo blog, ogni tanto sei critico. Dove vuoi andare?» Osservo io: «Io non vado da nessuna parte. Io sono fermo nelle mie convinzioni e nelle mie idee. Quando vedo un mondo che se ne distacca, dissento. Direi che dissento per non dissentire da me stesso, che sarebbe la peggior circostanza possibile. Della serie: al mattino non potrei neppure guardarmi allo specchio». Replica: «Ma se le minoranze dissentono da una maggioranza, anche nei partiti, allora salta tutto: è una sorta di "liberi tutti" che distrugge e non costruisce». Replica alla replica: «Il gioco democratico è fatto di equilibri e gli equilibri si ottengono cercando il consenso non usano lo "schiacciasassi" che riduce al silenzio per il fatto stesso che ti passano sopra. Il cervello all'ammasso puzza di totalitarismo ed è un odore nauseabondo di cui non mi voglio impregnare». Ancora osserva: «Ma la democrazia è il voto, se il voto è fatto e tu "sei sotto", allora "fine delle trasmissioni", da lì in poi sei disfattista e giochi per il nemico». Ultima risposta: «Il nemico può essere distante o vicino, remoto o dentro di noi. Una volta, forse, era amico il nemico e viceversa sino a perdere l'esatta cognizione, come un gioco delle parti in una grande stanza fatta di specchi deformanti. Allora, ti fermi e chiudi gli occhi e pensi a chi sei e alla libertà come antidoto contro l'angoscia di non fare più quello in cui credi. In fondo è semplice...»