Lo stesso avvenimento, ma questo è un fatto notorio, può avere diverse valutazioni. La sudcoreana Oh Eun-Sun ha raggiunto la vetta dell'Annapurna ed è così diventata la prima donna a conquistare tutte le quattordici cime di oltre 8.000 metri nel mondo, scatenando di conseguenza una gioia patriottarda nel Paese d'origine e ciò non stupisce perché da sempre l'alpinismo solletica, a grandi e a piccoli livelli secondo le epoche, gli afflati nazionalistici. L'alpinista sudtirolese Hans Kammerlander nel commentare il record ce l'ha con il fatto che la sudcoreana ha adoperato l'ossigeno per la scalata e così spiega: «scalare un ottomila con l'aiuto dell'ossigeno è come partecipare al "Giro d'Italia" in moto anzichè in bicicletta». E' una vecchia questione su cui ho già espresso più volte il mio pensiero "fuori dal coro". Sono i medici, non le mie fantasie, ad aver registrato in alcuni scalatori degli 8.000 gravi danni cerebrali dovuti al mancato uso dell'ossigeno. Ed invece questo concetto eroico del mancato uso dell'ossigeno viene contrapposto, in una sorta di purismo dell'alpinismo, a chi invece sceglie di non rovinarsi la salute e usare l'ossigeno dove l'aria è rarefatta. Chissà che prima o poi su questo tema si infranga il tabù e se ne parli con maggior chiarezza. Servirebbe anche a me per capire se questo è un mio "pallino" immotivato.