La "Fiera di Sant'Orso", che scoccherà sabato puntuale questa volta in un fine settimana di certo da assalto all'arma bianca, è una festa contemporanea e - nel mio caso e penso per molti altri - ripetitiva nelle sue certezze, visto che vado a vederla sin da bambino. Di recente si è aggiunta la mega Veillà che ha animato la notte un tempo buia per la grande maggioranza dei visitatori, eccettuati i pochi che già godevano delle cantine di via Sant'Anselmo.
L'esempio è utile per ricordare come i riferimenti al passato siano importanti per la forza simbolica dell'immagine, ma spesso deboli storicamente. E' il caso del gigantismo odierno, in termini di folla e di partecipanti, che non ha eguali nel raffronto. Fa dunque piacere che ci sia stato un percorso millenario, ma oggi è oggi e questo è il bello della tradizione, che è come l'identità, che scorre sempre e non si ferma mai. Per cui i riferimenti medioevali sono immaginifici, ma non supportati da una forte documentazione storica che ci offra certezze. Così come non ha eguali nel passato profondo lo scopo cui oggi la gran parte degli espositori mirano: essere degli artisti e non solo artigiani. Il passato, neppure tanto remoto, era fatto da oggetti agricoli, che oggi spesso sono trendy, mentre fino a pochi decenni fa erano solo utili per la campagna. Scrivere queste cose non è sminuire la "Foire", ma renderci conto che anche noi oggi, con i nostri comportamenti, i nostri gusti, le nostre passioni operiamo concretamente su come l'appuntamento muti e si ponga rispetto all'evoluzione della società. Ciò non nega l'esistenza del "fil rouge" lunghissimo che mai ha interrotto la tradizione.