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13 apr 2022

Il cantiere autonomista in Valle d'Aosta

di Luciano Caveri

Il famoso rovello "è nato prima l'uovo o prima la gallina?" potrebbe essere applicato alla necessità di rimettere assieme il mondo autonomista in Valle d'Aosta sotto un unico simbolo. Infatti quando si è sul piede di partenza - e non è la prima volta che ci si avvicina al risultato - nasce il dibattito: può venire dal vertice e cioè possono essere i consiglieri regionali ad avviare l'operazione oppure bisogna che i rispettivi movimenti chiedano prima lumi alle basi dei propri iscritti e militanti? La questione finisce per essere di lana caprina, perché entrambe le cose sono necessarie e possono essere serenamente sincronizzate fra loro per mettere assieme un processo concordato fra tutti. Basta essere convinti della necessità che questo avvenga e chiunque abbia un minimo di buonsenso non può che essere d'accordo.

Di fronte alle sfide da affrontare e che fanno tremare i polsi bisogna serrare i ranghi e mai come ora, in cui infine si sono posizionati altrove autonomisti che lo erano solo di nome e non di fatto, si è sicuri sulla convinzione genuina di chi vuole farlo. Io noto ogni giorno quante siano le persone di buona volontà che concordano sull'idem sentire e come me avvertono l'importanza di non indugiare, perché il momento è venuto e cincischiare è persino rischioso. Come farlo? Io ho sempre detto, per storia personale e familiare, che la scelta più logica è avere la storica Union Valdôtaine, dove sono nato e cresciuto politicamente, come logica e giusta destinazione per ritrovarsi. Ma non bisogna farlo né chiedendo pentimenti per chi scelse di andarsene con le sue ragioni e neppure "uccidere il vitello grasso per accogliere il figliol prodigo", come avviene nella celebre parabola dal Vangelo secondo Luca. La questione è politica e come tale va apprezzata. Ci vuole una pagina bianca senza dimenticare o omettere torti e ragioni degli uni e degli altri. Elementi che sono ormai storicizzati e dunque da considerarsi come passato. Chi si attarda a lambiccarsi se ne faccia una ragione, perché essere uniti prevale su tutte le paranoie e le arrière-pensée ed il tempo fugge se non si decide e l'attimo, in politica, è davvero "fuggente". Così fu - foriera di una successiva crescita del mondo autonomista - la riunificazione che avvenne nel 1976. Il collante dovrebbe essere un nuovo Statuto da discutere in vista di una grande Assemblea per ricostituire sulla base di un programma d'azione per la Valle d'Aosta del domani. Regole chiare di funzionamento, una democrazia interna garantita, una presenza forte sul territorio, un uso sapiente dei nuovi mezzi di comunicazione, alleanze con realtà simili alla nostra in Europa e sulle Alpi, non occuparsi solo di elezioni ma di approfondire temi e argomenti. Sono tutti elementi che devono accompagnarsi alla fierezza per le nostre radici ed alla difesa della nostra identità culturale e politica con il particolarismo linguistico come finestra sul mondo. Bisogna davvero coinvolgere i giovani, oggi spesso distratti o smarriti, perché l'avvenire è il loro. Capisco quanto sia facile scriverlo, mentre l'imbarcarsi nella riunificazione significa - ed è impegnativo - sotterrare rivalità e incomprensioni stratificatesi negli anni, ma lo sforzo è necessario, anzi indispensabile. Diffidare di chi storce il naso per pregiudizi o interessi. Chi come me abbia ormai tanti anni di esperienza coglie con preoccupazione le complessità che gravano sulla nostra piccola comunità e per questo bisogna mobilitarsi in fretta a favore di un solo, grande, partecipato, solido e accogliente movimento autonomista che dialoghi alla ricerca di un orizzonte certo per gli anni a venire. L'alternativa resta la parcellizzazione che farebbe il gioco di chi dell'Autonomia, dicendo il contrario, vorrebbe farsi un sol boccone.