Mai in vendita!

Ogni tanto rifletto sul mio percorso politico e sul perché, in fin dei conti, sono unionista e, per ora, lo resto ancora. 
Le ragioni fondamentali sono due.
La prima - perché negarlo? - sta nella tradizione familiare: prima nella Jeune Vallée d'Aoste e poi nell'Union Valdôtaine i miei parenti hanno contato qualcosa. L'eredità culturale può assumere un valore politico e non so a quale età mio papà, come elemento scontato di appartenenza, mi abbia pagato la tessera d'adesione all'Union conseguenza pratica  di una formazione che era quotidianità.
La seconda è un percorso attivo, non scontato ma prescelto, che mi vede adolescente curioso, interessato dalle grandi battaglie civili come i referendum sul divorzio e sull'aborto frutto di quell'area radicale - in fondo "ni droite, ni gauche" - in cui ritrovai quegli ideali libertari, contro ogni totalitarismo a destra come a sinistra.

Poi la storia della Valle d'Aosta che si incrocia con la lettura dei libri sul federalismo, anch'esso concepito come chiave di libertà utile per aprire tutte le porte.
E infine le esperienze politiche e amministrative, rese possibili dall'UV e dalla fiducia degli elettori, che mi hanno, a Roma, a Bruxelles e ad Aosta, confermato - soprattutto nel confronto con gli altri partiti italiani o di altri Paesi e alle loro ideologie di riferimento - nella convinzione della bontà dei valori e delle idee dell'autonomismo e del federalismo nel solco di personalità eminenti che l'UV ha espresso nella sua storia.
Oggi mi trovo confrontato con scelte e comportamenti che spesso mi pare facciano scricchiolare anni ed anni di militanza, specie laddove si evidenziano rischi di affarismo e di derive partitocratiche con "pacchetti di voti" che inquinano le competizioni, tessere che girano febbrilmente, camarille per le candidature, scelte verticistiche imposte senza confronti, palese superficialità nell'affrontare dossier decisivi e altre amenità che parevano scomparse o almeno finite in seconda fila.
Bisogna non piegarsi a certi rischi di sporcare un insieme di vicende politiche serie e importanti che hanno fatto la Valle d'Aosta di oggi, che non è in vendita.

Commenti

In vendita...

forse no, ma in affitto "solo a referenziati" sì.
Mi spiego meglio.
Un proverbio recita più o meno così: "se non puoi combatterli, fatteli amici".
Ecco, mi sembra che in questa situazione abbiamo saltato la battaglia e siamo passati subito alla fase successiva. Ma, siamo certi che sono diventati amici?
Io, con personalissima opinione e conseguente responsabilità, credo di no.
E, per il grande amore per la "mia Valle d'Aosta", nel futuro spero di essere smentito ed oggetto di lazzi.

Temo...

che sia vincente il tuo lato pessimistico, anche se noto delle scosse di terremoto e non mi riferisco a quella pasquale...

Mai in vendita

Luciano, posso capire il Tuo quasi sconforto, ma noi siamo maitre chez nous, e anche apparenti sconfitte possono dal profondo, come un vulcano, eruttare nuove energie.
I nostri grandi precursori, la Tua famiglia storica, ci hanno insegnato a non cedere mai, magari momentaneamente piegarsi ma non spezzarci, i nostri ideali, il lungo percorso politico, il confronto sempre ricercato, non per sederci sulla poltrona, ma fare veramente gli interessi di tutti, anche degli avversari, anche per dimostrare che la Petite Patrie è sempre il fuoco di una fede politica inestinguibile.
Possono sporcarla quanto vogliono, ma la storia è nostra, perché potremo sempre dire «ci siamo» e «ci saremo sempre».
Ciao, Pier.

Radici dimenticate

Sul sito della Regione Valle d'Aosta, alla pagina "resistenza" si può leggere: "In Valle d'Aosta la lotta contro il nazifascismo si organizzò intorno al "Comité Valdôtain de Libération" che si era formato fin dal 1941, poco dopo la scomparsa dell'abbé Joseph-Marie Trèves. Tra gli altri vi aderirono Émile Chanoux, Amédée Berthod, Lino Binel, Joseph Bréan, Guglielmo Caracciolo, Enrico Chantel, Cesare Olietti. Chanoux aveva espresso dubbi e perplessità circa l'utilizzo di forze partigiane esterne alla Valle d'Aosta. Infatti, il suo auspicio era che la Valle d'Aosta fosse liberata dai nazifascisti direttamente dai Valdostani senza un massiccio impiego di forze partigiane "extravalle". Egli era favorevole ad una collaborazione con i partigiani italiani, ma poneva le seguenti condizioni: «le maquis valdôtain devait rester dépendant du Comité Central d'Aoste; aucun groupe de partisans non valdôtains ne pouvait s'établir en Aoste sans l'assentiment du Comité d'Aoste»".
Cioè Chanoux sognava una Valle d'Aosta libera, e sognava una libertà conquistata dal di dentro, dalla capacità dei valdostani di rendersi autonomi, forti della loro dignità. Nel suo libro "Ecrits", pubblicato dall'Institut Historique de la Résistance nel 1994, a pagina 422, si legge ancora: "Come l'uomo persona ha diritto a veder salvaguardata la propria personalità, così le
collettività umane devono poter sussistere serbando intatte le caratteristiche della loro personalità"
.
C'è qualcuno che, in questi giorni, ha riflettuto su quale sia questa nostra "personalità"? Non credo che Chanoux, né nessuno del "Comité Valdôtain de Libération" pensasse che per avere personalità bisognasse andare a braccetto con chi aveva cercato di cancellare l'identità stessa della nostra regione, la nostra cultura, le nostre tradizioni e cambiasse i nomi dei paesi in italiano...
Poi ci si chiede come mai la gente è sempre più distante dalla politica... in realtà è la politica che è sempre più distante dal comune sentire della gente di strada. Vivere chiusi dentro i "palazzi" spesso fa perdere il polso con la realtà e... probabilmente queste sono le conseguenze.

Radici dimenticate

Come ben vedi, in sede avevo già auspicato il ritorno della vera politica accanto alla gente.
L'informazione diretta è di importanza vitale per il movimento. Anche i giovani, che prenderanno il testimone, si sentiranno più coinvolti, potendo dialogare, discutere e capire l'essenza della politica stessa!
Penso, che non sarebbe male, avere accanto al Presidente del movimento, un saggio di comprovata validità politica nella sua essenza filosofica, una guida al di fuori di ogni corrente e sospetto, che possa, in ogni momento, correggere le deviazioni, anche se, inizialmente, piccole divergenze, non considerate per tempo, possono diventare pericolose con conseguenti fratture nel movimento, come già accaduto in tempi non lontani, ed in un inizio purtroppo recente.
Scusatemi, ma scrivo a braccio, senza rileggere, sono solo considerazioni che mi vengono dal cuore.
Pier

Ringrazio tutti...

per i loro commenti che arricchiscono il dibattito, di cui c'è tanto bisogno...

Idea!

il confronto si allarga... peccato che ciò avvenga solo attraverso queste pagine o in sedi separate e molto riservate... resta il fatto che questa scelta di "sterzare" a destra pare già in salita!
Eppoi, francamente, insistere su un candidato sindaco "non unionista" è un'altra buggeratura! Non capisco come si faccia a non cadere nel ridicolo... rischiando di "perdere" le elezioni e la faccia.
A mio avviso, con tutti questi chiaro-scuri si rischia di alimentare l'astensionismo dei veri unionisti e favorire gli avversari... a meno che non si candidi una personalità "forte", autorevole, conosciuta... pensavo ad esempio... a te, carissimo, Luciano.
A mio avviso soluzione forte... eppoi sarebbe un ruolo che ancora ti manca... o no?
Buona fortuna.

No...

oggi non sarebbe serio per molte ragioni.
Sono comunque lusingato!

«Se non puoi combatterli, fatteli amici»

Hai proprio ragione Roberto, è proprio così: mi rendo conto che la voglia di combattere, di affrontare dibattiti e discussioni per ideali politici sia una rarità al giorno d'oggi!
Regna il menefreghismo e l'astensionismo sopratutto all'interno dei grandi partiti che vincono sempre le elezioni: ci siamo seduti, anzi addormentati, sugli allori.

Mai in vendita...

Trovo che sia inevitabile stante il degrado etico-morale della nostra società, che è sotto gli occhi di tutti, che anche la politica sia in piena deriva.
Capisco il disagio di Luciano che ha dimostrato nei fatti che la politica è servizio (e paradossalmente per questo è stato penalizzato) quando vede la politica inquinata da affarismo, camarille, eccetera...
Allora bisogna arrendersi?
Ma sì arrendiamoci e dimentichiamoci anche in fretta di tutta quella strana gente che si è fatta ammazzare per darci quei valori di libertà, democrazia ed autonomia di cui non siamo stati buoni custodi.

Io non ho...

l'identità forte di Luciano.
Mi sono avvicinato al Mouvement in base a consideraziooni politiche e programmatiche che ho spiegato anche ultimamente sul Peuple.
Questa mancanza di vincolo affettivo mi permette di guardare alle attuali peripezie dell'UV con un maggior real-cinismo di altri che invece hanno anche un legame sentimentale con essa.
Mi preoccupa questa deriva mercantil-affaristica della nostra democrazia, qui non siamo di fronte al problema "destra-sinistra" ma siamo di fronte ad una logica mercantile in cui le istituzioni democratiche e la rappresentanza vengono sottomesse alla logica plutocratica dell'interesse materiale.
La lettera di Borluzzi alla "Stampa" in cui il nostro noto concittadino paragona l'UV ad un coniuge che dice alla sua metà che con essa si trova benissimo e l'ama tanto ma che visto che l'amante è ricco e potente preferisce andare a vivere con lui, rappresenta stupendamente la situazione attuale.
Non è neanche più un problema politico, se il Mouvement rinuncia ad esprimere un suo sindaco doc per accontentare i berluscones siamo molto più in là.
Chiedo scusa a Luciano se utilizzo altro spazio, vorrei però riproporre qui sotto il mio intervento del 1° aprile perché l'avevo postato un po' in ritardo e non era stato letto da molti.
Ciao. Corrado

Destra o sinistra? La terza via...

Ho pensato a lungo prima di mettere mano alla penna per scrivere questa lettera.
Ci ho pensato molto perché so che alcuni tra i miei conoscenti saranno sinceramente stupiti di fronte a queste riflessioni e che sicuramente ci sarà (soprattutto tra le mie amicizie politiche) chi condannerà senza possibilità di appello le mie parole.
Con l'appropinquarsi delle tornate elettorali, questa volta amministrative, in ogni cittadino avente diritto al voto si ripresenta puntualmente il dilemma di cosa fare. Personalmente sono convinto che la struttura giuridica elettorale e la delega insita nella pratica del voto rappresentino l'esatto opposto di ciò che dovrebbe essere una sana possibilità di partecipazione politica agli espletamenti della cosa pubblica, ma anche ammesso che nell'ambito di questo sistema vi possano essere margini di miglioramento della nostra fragile democrazia credo che le rare persone di fiducia che si potrebbero eleggere si troverebbero come sempre imbrigliate in meccanismi istituzionali tali per cui di fatto potrebbero fare ben poco deludendo di conseguenza le aspettative di chi li ha votati.
La situazione, come sempre, non è univoca. Per operare una riflessione onesta non si può non tener conto dei diversi tipi di elezione.
Per quelle politiche, dato come da tempo si stanno conformando i giochi e i meccanismi che le distinguono, le speranze di una capacità d'incisione, anche infima, da parte dell'elettorato sono veramente una pia illusione. È sufficiente pensare alla fine che ha fatto la cosiddetta sinistra radicale che, da sempre ossequiente al gioco parlamentare, è stata di fatto estromessa dal parlamento, resa silente e inesistente dal sistema, costretta nolente a diventare ex ed extra parlamentare. A livello nazionale, secondo me, qualsiasi voto non può che sperdersi nel marasma autoritario della politica politicante.
Almeno teoricamente, invece, le elezioni amministrative sembrano offrire un'opportunità maggiore. Siccome sono funzionali alla costituzioni di governi e assemblee locali possono far supporre di poter avere una qualche incidenza nelle scelte e nel funzionamento delle istituzioni territoriali. Non è un caso che, in seguito alle continue disillusioni cui da decenni vengono sottoposti i sostenitori dei partiti tradizionali sembri sempre più di moda formare liste locali indipendenti (grillini, girotondini, pensionati, stambecchi, meloni, e chi più ne ha più ne metta). Ammesso, e non concesso a priori, che riescano ad eleggere qualcuno, difficilmente più di uno o due, il ruolo di questi "poveri pellegrini" nei maneggi e nei corridoi del palazzo non potrebbe poi che essere del tutto marginale e inconsistente, quindi impossibilitato a portare avanti ciò che avevano promesso e di cui avevano illuso.
Ad Aosta si gioca una partita importante: due gruppi di potere (uno effettivo ed uno potenziale) si contendono la possibilità di gestire il capoluogo regionale per i prossimi cinque anni, per la prima volta caratterizzando lo scontro in modo politicamente bipolare allineando la realtà locale alla tendenza nazionale ed internazionale che va verso l'estromissione dalle assemblee rappresentative delle forze minori a favore della crescita di due fronti antagonisti ed alternativi destinati a raccogliere la maggior parte dei consensi. La virata a destra della coalizione delle forze autonomiste e il coagularsi a sinistra dell'unionismo scissionista con le forze tradizionalmente de gauche sembrano configurare una competizione che, per la prima volta dopo anni, ha anche il sapore della battaglia ideale oltre a quello della gara per occupare i posti di potere.
Ma è veramente così? L'asse Uv-Fa-Sa-PdL-Lega ha veramente una connotazione di destra, liberale e liberista? L'alleanza Alpe-Prc-Pdci-IdV-Radicali ha veramente una fisionomia di sinistra, socialista, solidale e popolare? Ho i miei dubbi.
A me pare che queste due corazzate che si scontreranno nel mar di Cordela abbiano in realtà molte più caratteristiche comuni che opposte e che quella a cui assisteremo sarà in realtà una battaglia per il potere tra due realtà abbastanza simili.
Il grosso della coalizione di centrodestra è composto da persone che provengono dai vivai dei movimenti dominanti che si troveranno al fianco personaggi, già noti sulla scena locale, che aspirano a divenire parte della nomenclatura egemone; lo schieramento avverso si presenta invece come una raccolta di scontenti dell'area autonomista, carichi di motivazioni personali anziché politiche, conditi da una presenza non pericolosa di personalità provenienti dall'area della sinistra antagonista che con ogni probabilità non avranno le preferenze sufficienti a farli accedere alle stanze dei bottoni e faranno quindi solamente i portatori d'acqua per il fiume in piena dello scissionismo rossonero.
E allora: «che fare?» Ecco tornare, puntuale come l'allergia stagionale, il leniniano quesito. Personalmente non ho ancora deciso però mi stuzzica particolarmente la terza opzione: quella di starne fuori. Sono fortemente tentato dalla possibilità di astenermi. Non un'astensione qualunquista, frutto del disinteresse, della pigrizia o dell'indolenza, ma un'astensione motivata, ponderata, scelta e praticata in nome di quella stessa democrazia che lo strapotere delle burocrazie politiche ha ridotto ad uno squallido mercato.
Rifiutarsi di scegliere tra le due armate che si affronteranno nelle prossime settimane recandosi al seggio e scrivendo sulla scheda “Io canto fuori dal coro” potrebbe essere, questa volta, una scelta politica di grande dignità e, se condivisa da molti, un messaggio forte per coloro che guideranno il vapore e per coloro che, dall'opposizione, faranno loro da cornice.
E' solo un'idea. C'è ancora tempo per pensarci. Saluti a tutti.
Corrado

Questa storia...

la capiremo solo alla fine: con la "sceneggiata" di certe "riunioni romane", per delle elezioni comunali, forse si rischia il ridicolo.

Condivido pienamente...

potrei capire le riunioni "romane" se fossimo a parlare di Comuni come Roma, Milano o Torino...

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