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27 lug 2022

Tossico

di Luciano Caveri

Che bravo Stefano Bartezzaghi su "Repubblica" quando, come un giocoliere, si occupa delle parole e cita in questo caso una parola su cui si sono accesi i fari. Così scrive su "tossico": «Per la verità negli ultimi decenni del secolo scorso la parola pareva aver intrapreso una via di tipo specialistico, restringendo cioè le sue accezioni più generiche a quella legata a eroina e altre dipendenze (accezione in cui diveniva anche sostantivo: "tossico" per "persona tossicodipendente"). Ultimamente invece è diventata parola poliedrica, si è ambientata in molteplici contesti e ha anche guadagnato l'altissimo riconoscimento di un'adozione pontificale, visto che Papa Francesco ha appena proclamato che "a volte i siti dei media sono diventati luoghi di tossicità", con riferimento a discorsi di odio e fake news (prendiamo nota, noi del mestiere, di questa non immeritata reprimenda)».

Quanto mi piace questo nuovo uso, che di questi tempi di generalizzata indignazione adopererei per la politica ed in generale per quel clima di disagio che ammorba l'aria proprio come un gas venefico. Ancora Bartezzaghi: «La tossicità non è male semplice: è male che produce male, male che induce al male. È il noto meccanismo manzoniano, per cui i malvagi: "sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi" (I promessi sposi). Da quel "pervertimento" può così arrivare nuovo male che oggi Manzoni forse direbbe "tossico"». Più avanti osserva, dopo aver ricordato gli "amori tossici", che rievocano il drammatico fenomeno dei femminicidi: «"Tossici" possono poi essere luoghi di lavoro o altri ambienti; abitudini di comportamento e di linguaggio e, oltre agli amori, amicizie, rapporti famigliari e relazioni in genere. Prima il disagio psicologico portava alla dipendenza chimica. Ora se a parlare di tossici e veleni arriva oggi persino l'eloquenza papale è perché pensiamo anche ai problemi sociali in termini di biologia. Pensiamo anche alla non distante metafora "dell'avvelenamento dei pozzi": si riferisce alle conseguenze della disinformazione o di altre pratiche che non ottengono soltanto un effetto immediato e puntuale (come la diffusione di una notizia falsa) ma causano conseguenze assai più durature e sistemiche (per esempio squalificano una fonte o interrompono un circuito comunicativo generando sfiducia). Nella comunicazione via web a contare è soprattutto il contatto, prima del passaggio di informazione e conoscenza. Al centro dei sistemi di comunicazione non è più il messaggio ma il rapporto immediato con gli interlocutori. E' certamente impressionante che la grande emergenza sanitaria (dovuta appunto a contatti fisici che contaminano) sia intervenuta quando già trattavamo in termini biologici la diffusione sociale di elementi (nocivi o no) di informazione, cultura, comportamenti. La nube tossica che già incombeva sulla scena dei disastri ecologici ha prodotto la sua simile, la cui tossicità non è chimica ma culturale e comportamentale, a perturbare le relazioni e a rendere ancor più faticosa la loro manutenzione». Il poeta americano David Lehman ha scritto: «Le parole non hanno un singolo significato fisso. Come capricciosi elettroni, esse possono deviare fuori dalla loro orbita iniziale ed entrare in un campo magnetico più vasto. Nessuno le possiede o ha il diritto di proprietà di stabilire come debbono venire usate».