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30 giu 2022

Non è politica

di Luciano Caveri

Che bella cosa sono le antagoniste, quel nucleo di donne in politica in Valle d'Aosta che hanno fatto, da giovani sino a quando diventano ottantenni, della critica feroce la loro ragione di vita. Questa esistenza militante, prevalentemente a Sinistra (c'è anche una devota già democristiana), è fatta - per chi li usa - di "social", ma sono ancora affezionate al comunicato stampa a rullo e al volantino come ai tempi del vecchio ciclostile. Criticarle è sempre un rischio, perché se tu vieni "fatto a pezzi" nelle loro intenzioni (sai che paura...), loro nel caso di un tuo commento sgradito di risposta sono pronte all'uso dell'arma letale: il "sessismo".

Per chi scordasse la portata politica dell'accusa ricordo, con "Treccani": "Termine coniato nell'ambito dei movimenti femministi degli anni Sessanta del Novecento per indicare l'atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l'idea dell'inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione operata nei confronti delle donne in campo sociopolitico, culturale, professionale, o semplicemente interpersonale; anche, con significato più generale, tendenza a discriminare qualcuno in base al sesso di appartenenza". Se cerchi di fare lo spiritoso la conseguenza è ancora peggiore e spunta una parola, commentata dalla stessa fonte, derivata dallo spagnolo, il "machismo": "derivazione di macho. Esagerata e ridicola esibizione di virilità, basata sull'idea che il maschio sia superiore alla femmina". Se la prima definizione dovrebbe bruciare, la seconda dovrebbe essere tombale nel loro giustizialismo politico, che ricorda i manifesti con la faccia e il "wanted" del Vecchio West. Il dileggio e il disprezzo che adoperano, spesso con vignette degradanti da body shaming o derisione del corpo (l'atto di deridere/discriminare una persona per il suo aspetto fisico), è ben documentabile. Colpisce che lo facciano le paladine del "politicamente corretto", pronte ad inalberarsi ed a intervenire su qualunque cosa, essendo invece così comprensive con i propri eccessi e la vis polemica che sprizzano in qualunque presa di posizione, che raramente corrisponde al curriculum politico reale. Apparire è più comodo che essere. Ma la cosa peggiore è constatare, ogni volta, di come siano bravissime a protestare ed assai stitiche (pardon, assai parche) nelle proposte concrete, pur aderendo a programmi addirittura in "100 punti" in cui si mette assieme confusamente tutto lo scibile umano ed è un vecchio vizio della programmazione sovietica elaborata in epoca sessantottina. Analogamente si cavalca la petizione, il sit-in, il tazebao, la denuncia, l'esposto, il "mail bombing", il "flash mob" e naturalmente c'è l'apoteosi: l'assemblea, dove leader noti da decenni dettano la linea con lo slogan prescelto. Quasi sempre ricorda l'espressione «gli è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare» del grande Gino Bartali, che così declamava quando parlava dei problemi del ciclismo su strada, ed è ormai entrata in uso comune, come quella di «piove governo ladro». Che bella nelle loro mani la critica feroce, l'affondo violento, la fiondata dolorosa, la persona messa nel mirino senza pietà. Immagino il brivido di piacere conseguente per le suffragette aggressive del nuovo Millennio. Mi spiace, ma questa non è politica.