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20 giu 2022

Epoca di rancori

di Luciano Caveri

Aleggia qualche pessimismo sui rischi della ripresa della pandemia dopo l'estate. Certo è bene essere vigili e preparati senza però indulgere in pessimismi. Ci vorrà pure un momento per tirare il fiato, dopo tante difficoltà e tensioni. L'importante è che ci sia chiarezza da parte delle Autorità sanitarie nazionali, che hanno troppo spesso spinto la politica, specie quella a traino, verso decisioni contraddittorie e tardive di cui sarebbe bene fare a meno. Resta la constatazione che certe speranze sull'aria dei tempi anche da me annotate nei mesi passati non si sono ancora avverate e certo la guerra della Russia contro l'Ucraina si è aggiunta inopinatamente a smorzare qualunque entusiasmo. Tuttavia, forse con eccessiva ingenuità, mi ero convinto che alla cupezza del periodo vissuto si sarebbe succeduta una voglia di vivere e di fare come carburante per la ripresa.

Intendiamoci: ovunque io sia stato in queste settimane ho constatato una voglia di stare assieme, di rientrare nella normalità, di riprendere socialità ed abitudini abbandonate forzatamente. Noto, però, che resta un altissimo tasso di nervosismo e si abbatte su qualunque argomento una forte presenza di proteste e di polemiche che ammorbano come una malattia la civile convivenza. Lo dico dal mio osservatorio politico ed amministrativo. Rispetto a qualunque scelta si faccia, anche la più banale e teoricamente condivisibile, si alza una ola di protestatari e persino di odiatori, che attizzano il fuoco e aprono le cateratte di lettere e petizioni, rivolgendosi legittimamente alle opposizioni politiche, che trasformano qualunque cosa in interrogazioni o interpellanze. Anche in questo caso, cioè nel legittimo ed importante confronto fra le parti, si nota spesso una foga eccessiva, che supera la soglia in certi casi di una vis polemica contenuta e costruttiva. Questo per dire che certe mie illusioni sul "dopo pandemia" (lo scrivo facendo gli scongiuri) come momento importante per trovare un idem sentire doveroso su grandi temi che obbligherebbero a sforzi unitari e non separatori si sono dimostrate infondate. E lo stesso vale per l'insieme della società, dove a fare clamore sembrano sempre più gli aspetti negativi di quelli positivi e troppi odiatori si battono a colpi di comunicati stampa e di "social" utilizzati per spargere veleni senza alcun apporto costruttivo. Vorrei aggiungere che ho avuto in questo cocenti delusioni con persone che stimavo e che invece hanno tolto la loro maschera, rivelando il loro vero volto, che sarebbe stato meglio non vedere. Tutto questo non giova affatto e vien da dare ragione a Emil Cioran, quando scriveva: «L'odio non diminuisce con gli anni, anzi aumenta. Quello di un rimbambito raggiunge proporzioni a malapena immaginabili: diventato insensibile agli antichi affetti, egli mette ogni talento al servizio dei suoi rancori, i quali, miracolosamente rinvigoriti, sopravvivono al disfacimento della memoria e anche della ragione». Bisogna sdrammatizzare, capire le ragioni degli uni e degli altri, sforzarsi di evitare violenze e covare livore. E' più facile di certo alzare i toni, aumentare le tensioni, cavalcare le proteste, scrivere lettere di fuoco e petizioni muscolari. Ma poi?