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07 feb 2020

Il "Crodino" senza Crodo

di Luciano Caveri

"La Stampa" del lunedì non ha le pagine valdostane del resto della settimana, ma Aosta finisce in un insieme di notizie dalle Province piemontesi (scherzando si potrebbe dire che questo sarebbe stato il destino politico se non avessimo avuto l'Autonomia) e per questo capita di leggere notizie altrimenti destinate ad un piano locale che sfuggirebbe. Così questa notizia data da Cinzia Attinà: «Una corsa contro il tempo, ben sapendo che il traguardo è ormai quasi irraggiungibile. Crodo prova a tenersi il "Crodino", l'analcolico biondo "che fa impazzire il mondo". Si sono mobilitati tutti, dai parlamentari ai sindacalisti, ma l'accordo tra "Campari" e "RoyalUnibrew" ("Ceres") è noto dal 2017. Quando l'azienda italiana ha venduto ai danesi lo stabilimento ossolano, comprese acque minerali e bibite, si era tenuta il "Crodino", con l'obiettivo di trasferire la produzione (con ogni probabilità a Novi Ligure) entro la fine del 2020. Ora che la scadenza si avvicina, sale la protesta».

Dire "Crodino" vuol dire evocare episodi lontani e vicini. Solo a partire da una certa età, quando non potevo ancora consumare alcolici, poteva capitare di bere un aperitivo con i miei genitori e «l'analcolico biondo», come dice la pubblicità, era consentito. Ma mille altre volte sarà capitato a tutti di berlo. La stessa giornalista, che oggi raccoglie, il rischio che il "Crodino" se ne vada da Crodo, che pure l'ha battezzato, intervistò il creatore di quel mix di di erbe, che già non viene più realizzato in loco: «Fiori, erbe, bacche e cortecce, ma anche semi, scorze e radici. E' tutto racchiuso in un mix di ingredienti naturali, c'è dell'assenzio ma anche lo zenzero e la genziana. Un sapore che rende inconfondibile il "Crodino", l'aperitivo analcolico che deve parte del successo anche al nome - quasi un vezzeggiativo - legato a Crodo, il paese dell'Ossola in cui è nato. Ma se l'industriale milanese Piero Ginocchi ebbe la lungimiranza di scommettere sulla formula, e Brigitte Bardot ne fu l'icona "bionda" a "Carosello" (oggi la sua eredità è stata raccolta da Owen Wilson), il "Crodino" non sarebbe mai esistito senza il gusto e l'intuito di Maurizio Gozzelino l'enologo "aromatiere" nato a Saluzzo e ora residente a Rivoli che tra il 1964 e il 1965. Fiori, erbe, bacche e cortecce, ma anche semi, scorze e radici. E' tutto racchiuso in un mix di ingredienti naturali. Un sapore che rende inconfondibile il "Crodino" creò. E' una figura a metà tra l'alchimista, il profumiere e lo chef. Un vero designer del gusto con la capacità di scegliere e dosare gli ingredienti. "Il Crodino fu pensato per tutti i palati - svela Gozzelino, 82 anni, che sabato è stato ospite a Crodo - Ginocchi era proprietario della "Crodo" che agli inizi degli Anni 60 era la terza azienda italiana per produzione di bevande. Mi interpellò perché voleva un prodotto che potesse battere il "Bitter" della "San Pellegrino" che aveva un successo strepitoso. Lasciai la "Ulrich" di Torino per buttarmi nell'avventura, sperimentammo, poi ci concentrammo sull'analcolico biondo. Si pensò di dargli il nome di "Picador", ma il marchio era già depositato. Policarpo Cane allora suggerì "Crodino", omaggio al luogo"». Eppure la stessa multinazionale "Campari", che è società tutta italiana, nella sua presentazione del prodotto esalta lo stabilimento che rischia di essere dismesso: «"Crodino" è una bevanda prodotta con acqua di sorgente. L'unione armonica di ingredienti ricercati e l'acqua di Crodo contribuiscono a fare del prodotto un analcolico di grandissima qualità. (…) Lo stabilimento di produzione si trova nella valle Antogorio a Crodo, a sedici chilometri da Domodossola. (…) E' "Lisiel", la fonte dalla quale proviene l'acqua utilizzata per "Crodino". Delle qualità benefiche di queste acque si narra anche in antiche leggende che risalgono ai tempi dei crociati. Tornando stremati dalla Palestina, i soldati si ritirarono a Crodo. Fu proprio grazie alla miracolosa acqua di queste sorgenti che le truppe riacquistarono pienamente le proprie forze". Pare, però, che questa illustre referenza, trasferita nel "Crodino", non sia sufficiente per salvare questo prodotto alpino. Storia triste.