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11 lug 2019

I luoghi del cuore

di Luciano Caveri

I luoghi del cuore esistono e sono scolpiti dentro di noi e la memoria è in grado di riesumarli. Basta un pretesto per accendere la miccia e ritrovarsi d'improvviso in situazioni di vita vissuta. Capita spesso. Ogni volta che finisco a Pila mi rivedo nella baita che affittava zia Eugenia e magari la sera ripiglio in mano quelle foto in bianco e nero di me minuscolo che giravo nudo con il cappellino in testa. Se vado al Crest di Champoluc vedo la casa che costruì e poi vendette mio papà, e ricordo feste memorabili con i miei amici da adolescenti scapestrati. Salgo ancora oggi sulla mia "Vespa 125" del 1975 e non fosse per l'obbligo del casco mi ritroverei con quelle sensazioni uniche di libertà che mi dava lo scorrazzare senza pensieri. Vado nella mia cameretta nella casa di Verrès dove sono cresciuto e ritrovo quei libri che hanno fatto parte della mia formazione, sempre con un libro in mano.

L'ultima volta che vidi la casa di mio nonno Emilio a Castelvecchio d'Imperia pensai a quelle lunghe estati con il giardino pieno di alberi da frutta con il gusto delle albicocche piene di sole. Ma l'altro giorno sempre ad Imperia ho visto il palazzo, che era dell'olio "Bresciano", dove compravamo quei bidoncini che portavamo in Valle d'Aosta. Ed il mare davanti alla spiaggia di Porto Maurizio era il mio regno per alcuni mesi l'anno fra partite di pallone e pallavolo, pigrizie sulla sabbia incandescente, pesca subacquea con la fiocina, onde prese durante le mareggiate con il sorriso sulle labbra. Andare in auto da Oneglia a Ceva vuol dire rivedere quelle miriade di paesini quando si saliva verso il Piemonte e si scendeva verso la Liguria. Girare per Aosta e vedere le case degli zii: Severino, Eugenia, Marie, Emilio: una mappa di loro che non si sono più ma è come se ci fossero ancora. E le scuole dove sono stato: elementari, medie e superiori con visi e voci di chi allora era con me. E quando vedo Palazzo Nuovo a Torino ricordo l'Università e poi quel palazzo - chissà ora cosa c'è - dove cominciai sul serio a lavorare in radio, ma prima lo avevo fatto in quel piccolo albergo sul viale di Saint-Vincent. E gli studi televisivi di "Rta" ad Aosta nel "Palazzo Fiat" e poi, non molto distante, i vecchi studi radio-TV della "Rai". E le discoteche al mare e in montagna cancellate nel tempo, ma so dov'erano fisicamente con le musiche e gli amici di quei momenti nascenti che non ti lasciano più. Ed i viaggi, tanti e in tutti i modi, in posti che tieni dentro, spesso con amori che non ho mai più visto. Già gli amori: so dove diedi il primo bacio e dove feci l'amore la prima volta ed i luoghi - grossomodo gli stessi - dove nacquero i miei tre bambini. Ma penso anche ai miei morti, specie mio papà con la bara nel salotto buono, che non è mai più stato lo stesso. Ed i Palazzi della Politica, che ho rivisto talvolta: Montecitorio, Palazzo Chigi, il Parlamento europeo di Bruxelles e di Strasburgo, piazza Narbonne e piazza Deffeyes ad Aosta. Quella palazzina western dell'Union Valdôtaine ed assieme quel mio ufficio e tutti gli altri uffici, le redazioni, i miei collaboratori che vedo o non ho più visto. Le gioie, i dolori, le speranze e le delusioni: ognuno ha un luogo e una sua classificazione, che riempiono la vita di ricordi, che per fortuna per ora fanno spazio a nuovi sentimenti e pensieri. La vita forse è questo: accumulare storie, prendere e lasciare, trovare e ritrovare, avanzare e arretrare. Vivere inseguendo scelte e affrontando imprevisti, conoscere cose nuove e riscoprirne di vecchie, illudersi e disilludersi. Questo è il senso profondo dell'esistenza: correre sino a quando le circostanze non ti fermano e farlo nel frattempo, almeno penso, con entusiasmo e voglia di fare. Altrimenti che vita è?