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07 dic 2017

Roma dolente

di Luciano Caveri

Sono stato tre giorni a Roma: dopo la mia lunga presenza in passato nella città, mi era capitato in questi ultimi anni di tornarci solo in giornata, mai più appunto di poche ore. Dal 1987 al 2001 ci avevo invece vissuto da deputato buona parte della settimana, poi ci sono andato in modo continuativo sino al 2008. Per cui posso dire di averne apprezzato pregi e difetti, avendone alla fine una conoscenza di buon livello, anche per la confidenza con molti esponenti di spicco eletti a Roma, con cui mi capitava di chiacchierare sui problemi della Capitale. In questi stessi anni, a vario titolo, ho visitato piano piano tutte le Capitali dell'Unione europea, alcune in modo fugace ma intenso, altre in modo più approfondito. Sapendo bene che ciascuna di loro ha diverse taglie, beninteso anche rispetto alla grandezza di ogni singolo Paese di appartenenza. Questo mi ha sempre permesso - modus in rebus - di avere una comparazione con la Capitale italiana.

Chi mi conosce sa che, già sin dagli anni della mia frequentazione intensiva, pur con l'avvicendarsi di Sindaci di diverso colore in certi casi amici, ho sempre sostenuto che per Roma esistevano almeno due strade per farla tornare la straordinaria città d'arte e di cultura che è. La prima - da federalista - è smontare il macchinone burocratico dello Stato, mai intaccato dal regionalismo e dal ruolo del resto della democrazia locale, che anzi sa crescere auto-alimentandosi e questo vorrebbe dire sopprimere Ministeri (e spostarne alcuni in altre città italiane, visto che la rivoluzione digitale lo permette) e miriadi di Enti inutili ed uffici risibili che non si sa neppure a cosa servano. In alternativa - perché il federalismo è sempre stato perdente - almeno vengano tolte le Istituzioni politiche dal centro della Capitale, costruendo fuori Roma un quartiere apposito, come più o meno è avvenuto a Bruxelles. Intanto Roma peggiora: l'ho trovata imbruttita e sporca. Ho trovato un giorno di pioggerella, che trasforma le strade in paludi e le strade ed i marciapiedi sono malconci e sbrecciati. Attorno alla stazione "Termini" vive una popolazione immigrata dolente e talvolta minacciosa, che dovrebbe far riflettere su di un'accoglienza che genera manodopera a basso costo e manovalanza per la delinquenza. Altro che integrazione! Siamo in questo davvero indegni, come dimostrato dalla miriade di ambulanti abusivi che ti assillano in ogni angolo. Per non dire di trasporti pubblici da Terzo Mondo con una metro affollata e sozza con scritte ed annunci solo in italiano in una città che si definisce metà del turismo mondiale. Altro che candidatura olimpica! Ho avuto molti conoscenti che speravano in Virginia Raggi e le sue promesse e tutto appare fermo e improbabile. Non inganni Ostia, dove hanno votato in pochi e l'emergenza democratica era bloccare la candidatura neofascista e ciò ha agevolato i "Cinque Stelle". Forse Roma è ingovernabile e porta in sé germi antichi di una Capitale senza quelle radici civiche e morali che risultano necessarie per esercitare un ruolo così forte. Certo, quando poi attraversi a piedi la città, come bisogna fare dappertutto per capire a fondo dove ci si trova, si trovano bellezze architettoniche tali da far dimenticare per un momento la cruda realtà e anche quella bonomia ironica e persino cinica dei romani "de Roma", che nel "dna" portano un passato che ha visto passare di tutto e di più. Ma poi ritrovi il traffico impazzito e maleducato con auto e motorini che si insinuano dappertutto, scopri il degrado anche in luoghi impensati (ma perché non proteggono al Colosseo i pochi pezzi di pavimentazione in marmo rimasti!), vedi una rassegnazione stolida di una città che si fa scivolare via anche le speranze. Conosco l'obiezione: parli di Roma, mentre la Valle d'Aosta affonda in un crescendo di brutte storie? Ne ho scritto talmente tanto da non avere la coda di paglia. Anzi, proprio per evitare di finire per sempre nel fango, tocca reagire in fretta, liberandoci di zavorre, che sembrano aver importato il peggio della politica italiana, di cui Roma resta un simbolo. Per questo speriamo davvero che Aosta non sia da considerarsi in negativo - come lo è invece in positivo per quanto resta di Augusta Prætoria - la "Roma delle Alpi"...