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16 feb 2017

Sanremo nel tempo

di Luciano Caveri

C'è poco da fare lo snob, per cui certamente guarderò il "Festival di Sanremo", per altro abitudine che coltivo da ragazzino. Ricordo serate impagabili con gli amici a sparare stupidaggini su look e canzoni: era una specie di rappresentazione parallela allo spettacolo catodico, piena di risate e battutacce. Altro che televisione interattiva di oggi, all'inizio era la televisione in bianco e nero, senza nessun gingillo digitale, con televisoroni panciuti, ma credo che raramente mi sono divertito così in questo rito domestico, la cui componente interattiva era fatta dalla messa in scena della messa in scena trasmessa dal "Teatro Ariston". Sconsiglio per altro di vederlo da vivo questo "Ariston", poco più che un cinema di paese, che grazie ai trucchi elettronici sembra chissà cosa.

Per ora all'edizione 2017 ho dato un'occhiata sul Web l'indomani mattina della prima serata, cercando - in una comoda logica on demand - qualche passaggio che i commenti dei giornali segnalavano come topico. Ieri sera invece ho sbirciato l'inizio in diretta. Ormai il il Festival è una specie di rappresentazione in grande pompa tra passato e presente, sul futuro direi che c'è poco, essendo chiaro sin dall'inizio - come l'ipocrita rievocazione in apertura di Luigi Tenco, perdente che diventa vincente per buonismo postumo - che tutto avviene sul filo affilato per i suoi rischi della nostalgia. La contemporaneità è invece all'insegna del compromesso, del grande abbraccio, delle alleanze impossibili: esattamente la stessa pantomima della politica, in cui tutti diventano uguali e si serrano amicizie altrimenti impossibili. Ha ragione in sostanza chi ha osservato che nella coppia Carlo Conti e Maria De Filippi (con altri personaggi in carico ad altre televisioni) è una sorta di grande "compromesso storico", come se le esclusive sui divi televisivi e logiche di concorrenza in un mercato con il coltello in bocca per la pubblicità diventassero un palloncino colorato a forma di cuore nel nome di questo "Sanremo". E a proposito di San Remo, nel senso di santo, fece chiarezza qualche anno fa Leonardo Tondelli su "Il Post", dimostrando forse che esisteva già qualche matassa sin dalle origini: «A proposito, se San Remo non esiste, chi è il patrono di Sanremo? Ovvio: San Romolo, già vescovo di Genova intorno al quinto secolo. "Rœmu" sarebbe infatti la contrazione dialettale del nome Romolo. Qualcosa comunque non torna: il San Rœmu venerato dai sanremaschi (che sarebbero i sanremesi insediati da più generazioni) è un eremita che riceveva il pubblico presso una grotta sopra la città, in quella che oggi è la frazione di San Romolo. Dal canto loro i genovesi riconoscono che il loro vescovo sarebbe potuto morire davvero a "Villa Matutiæ", come si chiamava allora Sanremo, visto che nel decimo secolo organizzarono la traslazione delle reliquie vie mare (erano i tempi delle scorrerie saracene). Il santo avrebbe vissuto e officiato a Genova, ma sarebbe venuto a mancare a Sanremo durante una visita apostolica: una prassi che però nell'alto medioevo non esisteva ancora, i vescovi restavano per lo più presso la loro sede. Insomma, magari i Romoli erano due, uno vescovo a Genova e uno eremita a San Romolo frazione di Sanremo: quest'ultimo poi magari neppure si chiamava Romolo; "Remo" potrebbe anche essere la contrazione di "eremo": non lo sapremo mai. Di sicuro c'è solo che nessun Remo è stato canonizzato - per ora - dalla Chiesa cattolica». Ricordo, tra l'altro, che a San Romolo la Regione Valle d'Aosta improvvidamente - ma della questione purtroppo nessuno si occupò a fondo per capirne le aderenze - comprò una vecchia colonia per farne un bengodi per bambini e anziani valdostani, ma poi tanti anni dopo -scarsamente utilizzata - venne venduta. Ricordava l'assessore alla sanità Ugo Voyat in Consiglio Valle nel 1987: «Per l'acquisto dell'eremo di San Romolo sono stati spesi settecento milioni nel 1981; per gli arredi sono stati spesi trecento milioni nel 1982; per la sistemazione dei locali e del terreno circostante, sono stati spesi 312 milioni dal 1981 al 1985». Bella zuppa per l'epoca... Ma torniamo in basso, visto che San Romolo, si trova in alto. L'operazione nostalgia e di grande "entente cordiale" sta anche quest'anno facendo ascolti boom, benché alcuni cantanti siano emeriti sconosciuti, ma la rivoluzione in corso nell'utilizzo giovanile della Televisione sta comunque creando grandi problemi, pensando al domani, esattamente come avviene per la vecchia carta stampata. Dove ci si fermerà è difficile dire, ma intanto la messa cantata di Sanremo è rassicurante come la "coperta di Linus" o Snoopy steso sulla sua cuccia.