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13 dic 2016

Mattarella, Renzi e la crisi

di Luciano Caveri

Un aspetto interessante di "Twitter" è che non esiste altro strumento così rapido nella diffusione delle notizie dell'ultim'ora, a condizione di seguire i "following" giusti. Così le vicende del Quirinale - ora al centro dell'attenzione - mi sono garantite grazie alle argute osservazioni nei 140 caratteri dei "tweet" di quello che è anche un mio "follower", Luciano Ghelfi, quirinalista per il "Tg2". L'ho conosciuto ed apprezzato quando entrambi, in vesti diverse, ci trovavamo alla Camera dei deputati, accomunati dalla passione per il giornalismo, per la politica e figli di quella Provincia che fa crescere molto più di tante grandi città.

Lui - lo si vede da quanto annota di tanto in tanto - è fierissima espressione di quell'identità particolare che deriva da quella città straordinaria e antica, posta in posizione strategica, che è Mantova, luogo dal sapore magico sin da distante con la vista della skyline riflessa nelle acque nell'ansa del fiume Mincio. Con il telefonino in mano, scorrendo le sue note ma anche guardando i suoi reportage in televisione, è oggi possibile vedere che cosa bolle in pentola nelle intricate vicende che vedono protagonista il Presidente Sergio Mattarella. Scrivevo del Capo dello Stato dopo la sua elezione all'inizio dello scorso anno: «Mattarella, che ha conosciuto i passaggi politici dagli anni Ottanta in poi, conoscendo bene i veleni che si sono insinuati nel corpo della Repubblica, è persona adatta per avere tutti gli antidoti in quel ruolo di "arbitro" che ha giustamente evocato, ricordando però che ci deve essere correttezza anche da parte dei giocatori. Penso che quest'ultimo passaggio debba essere inteso da tutte le orecchie.
 Ho avuto il privilegio di votare tre Capi dello Stato: Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, ma anche di frequentare per anni il Quirinale, quando il Presidente era Francesco Cossiga. Ognuno con il suo carattere e la sua personalità e pure con i suoi difetti su cui ognuno può dire la sua.
 Il Presidente Mattarella darà al suo mandato caratteristiche adatte a questi tempi difficili e lo farà senza sconti per chi sbaglia o volesse adoperare il Quirinale con una logica da "passacarte". Ho capito, nel lavoro comune su tanti argomenti, come Sergio sia un uomo che legge e soppesa, studia e propone, media e risolve. Non sarà un soggetto passivo, che consideri il ruolo presidenziale come una comoda poltrona da fine carriera.
 Vigilerà - e non solo come siciliano o per il fatto di essere stato una volta eletto deputato in Trentino-Alto Adige - sulle Autonomie speciali, sapendo che anche in questo caso non ci saranno scorciatoie, perché l'Autonomia speciale deve essere fatta di diritti e doveri. Ama le montagne e in special modo le Dolomiti, per cui possiamo dire che al Quirinale ci sarà anche chi saprà ascoltare i problemi del mondo della montagna.
 Non si chiuderà nello splendido Palazzo del Quirinale, ma dobbiamo immaginare un Presidente aperto e curioso di quanto avviene nella società italiana con sobrietà e rispetto per tutti». Confesso che molti silenzi da allora in poi mi avevano fatto temere che il probo siciliano, che visse il dramma di un fratello ucciso dalla Mafia che spirò nelle sue braccia, fosse finito in qualche maniera imprigionato da certi meccanismi, mentre ora ho la conferma - nel tenere testa a certi capricci di Matteo Renzi e di altri (compreso l'Emerito Giorgio Napolitano, cui voglio bene, ma che ha parlato troppo in questi mesi) - che non ha perso quella determinazione che conoscevo con quel suo sguardo chiaro e con il sorriso che - in tante discussioni - non significava per lui deflettere da certe convinzioni, ma sempre mantenendo la considerazione per le tesi di chi gli parlava e accogliendole se sensate. Spero che ora tenga duro nel ruolo che gli è proprio. Certo il suo è un compito difficile, perché ci sono troppi galli nel pollaio di questa strana Repubblica che tra breve andrà numerata con i numeri relativi (tipo "Repubblica - 1") e in troppi si fanno un baffo di qualunque appello al buonsenso. Come quando il Presidente, nei momenti in cui certi attacchi all'Unione europea avevano raggiunto toni insultanti, aveva cercato di rimettere assieme i cocci di certa politica urlata e violenta che fa finire tutto in caciara. Anche in questo passaggio stretto il Presidente - che conferma nelle consultazioni la convocazione al Quirinale dei parlamentari valdostani, grazie ad una prassi ottenuta da Cesare Dujany e da me - non potrà piacere a tutti per le sue decisioni improntate a prudenza, ma certo va condiviso il fatto che in questa fase la fretta (quasi per tutti motivata da speranze elettoralistiche) rischia di fare solo dei danni.