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09 nov 2016

Quel pomeriggio al centro commerciale

di Luciano Caveri

E' capitato che il mio "iPhone" si ritrovasse con la batteria da cambiare e la diagnosi all'"Apple store" fosse stata senza appello, come da grafico letale comparso sullo schermo di un "iPad" della gentile tecnica che armeggiava. Il verbo è che necessitava intervenire per ridargli vitalità. Unico particolare: per sistemarlo necessitava tre ore di attesa per riprendersi il "melafonino" rigenerato e dunque è toccato aspettare. Impietosito dallo stato comatoso del mio fedele telefono multiuso, ho deciso di giacere nei paraggi, anche se tre ore lì mi sembravano un horror vacui e forse un horror tout court. Sul punto dissento da mia moglie e dalle sue amiche, che invece - ancora ora - mi considerano fortunato ad avere avuto questa chance, che a loro pareva essere un'occasione imperdibile per aggirarsi per negozi.

Segnalo, a questo proposito, un'evidente ed insanabile diversità di vedute fra Uomo e Donna, visto che i tempi di sopportazione maschile allo sfinimento da passeggiata da shopping sono frutto di chissà quale penchant genetico, che emerge anche nella persona più paziente e disponibile, dopo aver osservato vetrine a dismisura ed essere penetrati in negozi con tempistiche che paiono essere eterne, come al rallentatore. Avendo visto per armonia familiare molte puntate di "Sex and the City" posso dirvi che la protagonista, Carrie Bradshaw, sosteneva che «Il viagra femminile esiste da diversi anni: si chiama shopping». Chiusa parentesi. Ma torniamo all'episodio: mi sono ritrovato - ed immagino che molti che mi leggono ci siano stati - "prigioniero", senza più contatti con l'esterno garantito appunto dal telefonino sparito nelle mani di chi dovevo aggiustarlo, a "Le Gru" di Grugliasco, grande Comune della cintura torinese, che deve il suo nome o ad un colono romano che ebbe i terreni della zona e dunque il nome "Gruglascum", "Curlascum" arriverebbe da un nome di persona, da Currelio -ascum, mentre - versione assai più romantica - è che il toponimo derivi dalle gru, uccelli che sostavano qui durante le migrazioni stagionali. Sta di fatto che la comunità di Grugliasco scelse come simbolo araldico per il proprio stemma, attestato per la prima volta nel 1613, proprio il volatile chiamato "gru". Comunque sia, il nome venne trasferito anche all'enorme costruzione di cemento che fu inaugurata dal socio più importante, che era un Silvio Berlusconi che da lì a poco si sarebbe buttato in politica. Era ad essere precisi il 9 dicembre del 1993 e quel nuovo centro commerciale – appunto "Le Gru" - era all'epoca, il più grande ipermercato di tutta Europa: il Cavaliere aveva voluto fare le cose in grande. Confesso che sono andato a cercare la data esatta e davvero non mi pareva possibile che si avvicinino i ventitré anni dall'apertura, che a tentoni mi sembrava essere ben più ravvicinata. Segno triste che non sempre la percezione del tempo è giusta con il passare degli anni, che a un certo punto della vita si mettono pericolosamente a galoppare. Mi pareva, nell'aggirarmi da vero perdigiorno nell'ormai vetusta costruzione, di essere una specie di etologo per l'innata curiosità di vedere questo pigia pigia di umanità in movimento, dovuto anche alla circostanza che si trattava del pomeriggio di Halloween e dunque nello spazio spettacolo centrale centinaia di bambini seguivano un animatore-mago, fieri dei loro costumi spaventosi come richiesto dall'americanata gioiosa e funebre allo stesso tempo. Una vena di tristezza, invece, che dava il senso dell'artificiosità dei luoghi, emanava dai gruppi di bambini che penetravano festosi nei negozi al solito grido «Dolcetto, scherzetto!» con la delusione di essere respinti da parte negozianti senza il previsto bottino di caramelle e affini. Ma - almeno dal mio punto di vista - ormai che ci siamo abituati a questi centri commerciali, sviluppatisi in quei villaggi di cartapesta che sono gli "outlet", possiamo dire che il loro fiorire e radicarsi nelle abitudini di tutti noi hanno comportato come conseguenza la rinuncia alla presenza dei negozi in troppi paesi e città con zone un tempo vocate al commercio, oggi destinate allo squallore della desertificazione con quei negozi chiusi dalle vetrine vuote che emanano ormai un senso di abbandono, cui è davvero difficile reagire con qualche brillante idea urbanistica, che almeno per ora manca all'appello. In fondo, almeno prima di nuova moda, rischiamo tutti di essere prigionieri delle abitudini. Ammoniva Homer Simpson, personaggio cardine del creatore di fumetti Matt Groening, che con l'ironia del suo grezzone ci sa fare: «Sono stufo sempre della solita minestra. Io voglio esplorare il mondo, voglio guardare la televisione con un altro fuso orario, voglio girare in centri commerciali strani ed esotici».