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10 lug 2016

Orti & orti

di Luciano Caveri

L'altro giorno un mio collega di lavoro, Fabrizio, è arrivato alla pensione: meta agognata per molti che hanno visto in questi anni questo risultato sparire all'orizzonte come avviene con i miraggi, ma a colpi di decreto con cambi repentini dei requisiti. Solita festicciola e sfottò verso il neo-pensionato, che ha annunciato con solennità: «Farò un orto!». Quando ha detto che questo avverrà nella sua amata Cogne, scelta da anni come buen retiro, c'è stato qualcuno che ha eccepito che lassù a 1.500 metri di altitudine la bella stagione passa con grande rapidità e dunque alcuni consigli riguardavano il fatto di scegliere una localizzazione più in basso. A quel punto, come può avvenire nei capannelli in certe occasioni, si è sviluppata una sanguinosa discussione sul fatto che proprio gli orti di montagna sono per la Valle uno storico fiore all'occhiello e il termine "fiore" è giustissimo perché accanto alle verdure da sempre ci sono stati negli orti tradizionali, come abbellimento per colorare la vita, i fiori!

Nel mentre, con effetto molto cinematografico, al limitare della recinzione della "Rai", situata a Saint-Christophe, due orticoltori andavano e venivano nei loro orti confinanti, esempio di operosità continua con attività che mutano a seconda delle stagioni. Ma in queste stesse settimane, nella programmazione televisiva di "Rai Vd'A", sono andati - messi non a caso, ma seguendo il filone - i consigli per l'orto dell'Institut Agricole régional, che molto ha lavorato sul soggetto e dimostrazione vivente sono gli appezzamenti di terreno coltivati attorno al castello di Montfleury alle porte di Aosta, ma anche le storie di chi - in altra trasmissione - all'orticoltura si è dato per scelta di lavoro. Da casa mia a Saint-Vincent osservo il lavoro diuturno di un giovane del paese, Micael Carlon, che ha fatto del lavoro della terra la sua professione. Ma, intanto, in radio sono state raccontate storie che dimostrano come il fenomeno, a cavallo tra la riscoperta dell'autoconsumo anche per via della crisi ma anche per un afflato culturale legato a fenomeni di ricerca di maggior benessere con prodotti controllati, abbiamo presentato la storia di un orto unico nel suo genere nel quale vengono recuperate solo piante, spesso perenni, che crescevano negli orti di una volta e che rischiavano di andare perse. Si tratta del "Jardin des anciens remèdes" di Jovençan, orto etno-botanico voluto dal "Centre d'études Les anciens remèdes" e dall'associazione "Girotondo" per completare l'offerta culturale della "Maison des anciens remèdes" e dare a persone con disabilità l'opportunità di lavorare a contatto con la natura e con i visitatori che lo frequenteranno. Per analogia, sempre in trasmissione, abbiamo ricordato il ruolo, a beneficio dei diversamente abili, della "Fondazione Ollignan" a Quart, dove la coltivazione ha il duplice aspetto sociale e produttivo. E poi - dimostrazione che esiste campagna anche nella città di Aosta, dove il centro storico ha tanti verger storici inseriti nell'architettura urbana - l'iniziativa dell'associazione "Agricoltura biologica e biodinamica" dell'Hortus inclusus (sarebbe in latino "Hortus conclusus", ma correzione in "inclusus" dà il senso di uno spazio aperto e partecipato), il progetto che intende valorizzare e far evolvere uno spazio cittadino collettivo (gli orti urbani che si sviluppano lungo le mura romane dietro piazza Roncas) . Per me l'orto è quello spazio di terra, coltivato a Verrès dalla mia cara Rosina, burbera e tenerissima nello stesso tempo, dove entravo a piedi nudi a rubare carote e pomodori, ma è anche il mercato ortofrutticolo di Oneglia, dove odori di prodotti veri sprigionava dalle cassette in legno e le negoziazioni in dialetto ligure erano musiche per le mie orecchie. Ancora oggi, in certi supermercati, mi accorgo di mettermi a guardare la frutta e la verdura con sguardo da voyeur, sempre più impressionato dal fatto che, mentre si predicano coltivazioni di prossimità, ormai il mondo vegetale è davvero planetario su quegli scaffali e le provenienze - ormai obbligatorie in etichetta - ogni tanto lasciano esterrefatti. Che l'orticoltura fosse un pilastro del passato è poi confermato dalla vecchia biblioteca di famiglia, dove non mancano mai dei manuali sul "Jardin potager" e i suoi segreti. Pagine che sono impreziosite da bellissimi disegni a colori (la fotografia non c'era ancora!) e che oggi sono di straordinaria attualità per la voglia di orto che emerge variamente.