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07 giu 2016

Quando la politica diventa narrazione

di Luciano Caveri

Il racconto è vecchio come il mondo, ma è interessante come ormai sia diventato un metodo anche in politica ed è evidente come Matteo Renzi ne sia maestro e interprete indiscusso. La lettura dei giornali o la visione dei telegiornali è una litania continua di annunci immaginifici che richiede un suo sforzo enorme e uno staff che alimenta continuamente la macchina, come facevano i macchinisti con il carbone dentro i motori dei treni a vapore. Decisivo per capire l'andazzo è un libro di qualche anno fa "Storytelling" ("il narrare storie" in inglese) del francese Christian Salmon. La sintesi sta in due frasi: la prima dove dice che "l'arte della narrazione, che fin dalle origini racconta e spiega l'esperienza dell’umanità, è divenuta grazie allo storytelling lo strumento della menzogna di Stato e del controllo sulle opinioni"; la seconda laddove dice "le storie sono divenute così convincenti che alcuni critici temono che diventino un sostituto pericoloso dei fatti e degli argomenti razionali. [...] Storie seducenti possono essere volte in menzogne o in propaganda. Le persone mentono a se stesse con le proprie storie".

Non fai in concreto ma racconti, affascini, disegni scenari, prometti cose "cotte mangiate" a raffica: niente di male - perché promesse e speranze future in politica ci stanno - se non fosse che questa diventa l'azione quotidiana cui non corrispondono fatti e se ci sono dei risultati questi diventano occasione per gonfiare gli argomenti come fossero enormi mongolfiere. Ma quel che conta è la straordinaria immagine di cambiamento che si costruisce su queste idee annunciate e date, ipso facto, per viventi nella logica di abbindolare e giustificare scelte altrimenti indigeribili invocando l'Eldorado. E' una tecnica usata dalla grandi multinazionali proprietari di marchi che perdevano colpi e che sono risaliti grazie a storie avvincenti che hanno stregato il consumatore. Ma poi il metodo è transitato nella politica a giustificazione di molte scelte e a supportare le campagne elettorali e la tensione continua che dev'essere tenuta sull'opinione pubblica di fronte a questioni delicate per forgiare opinioni favorevoli in un mondo che è fatto molto di illusioni a beneficio del cittadino da persuadere. Allo stesso Renzi scappò una volta questa frase al "Festival dell'economia" di Trento: «La prima misura economica da adottare? Cambiare lo storytelling dell'Italia», aggiungendo poi «se non incidiamo anche sulla narrazione non possiamo farcela». In un articolo su "Panorama", Andrea Fontana, fondatore dell’agenzia "Storyfactory" e professore di storytelling all'Università di Pavia così spiegava a Marco Pedersini sullo storytelling: «E' una scienza molto evoluta all'estero, tanto che si parla di scienze delle narrazione (applicate al marketing, alla politica, alla sociologia, eccetera, persino alla medicina). Lo scopo di chi usa lo storytelling e di chi costruisce narrative, cioè sistemi di senso - che diventano racconti su di sé, sui propri marchi o i propri prodotti - è instaurare una relazione profonda con il proprio pubblico: non lo si vuole solo informare, lo si vuole coinvolgere attivamente. Prima Berlusconi, poi Grillo ed oggi Renzi, non hanno solo raccontato visioni politiche ma hanno anche richiesto (con modi diversi) una attivazione ed una mobilitazione ai loro elettori. Riconoscimento e risonanza: sono termini chiave per lo storytelling». Ha scritto Salmon nella parte finale del suo libro: «Le forme, i riti e i luoghi del dibattito democratico sono dunque sempre più sottomessi alle nuove tecnologie del potere. Nelle mani delle forze che ambiscono al controllo delle menti, le macchine narrative permettono ormai di gestire le trasformazioni mediatiche, economiche, finanziarie, politiche o militari, in un rapporto diretto con le persone che ne sono al centro». Ma sul fatto se il sistema regga all'infinito e sia sempre efficace, il già citato Fontana è esplicito: «C'è un altro aspetto da considerare: il fatto che un leader politico si racconti lo rende ancora più responsabile. Non puoi raccontarmi qualcosa e poi scomparire. Il racconto ti costringe a mantenere una tua promessa, altrimenti ci disamoriamo e ci sentiamo traditi, immediatamente. Per cui storytelling vuol dire richiesta di coerenza, non artificiosità». Per dire che i nodi, prima o poi, arriveranno al pettine quando "fra il dire e il fare" si aprirà un abisso e dunque si svelerà cosa c'è dietro all'immagine costruita di un castello incantato. A me la politica come narrazione, oltre una certa misura, spaventa per la sua capacità di rendere fascinosi scenari di ordinaria e cinica politica vecchia come il cucco.