Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
14 mag 2016

Regionalisti al Parlamento europeo

di Luciano Caveri

L'Europa è oggi un rebus di difficile soluzione per i tanti problemi che si incrociano sotto i nostri occhi. Amore e odio si mescolano secondo le occasioni e oggi sembra prevalere l'idea di fare del processo d'integrazione europea un capro espiatorio su cui fare ricadere tutte le colpe. Dirsi europeista è difficile ed è ingrato il compito di difendere l'Unione europea (come si chiama oggi, anche se trovo persone ad alti livelli che la chiamano ancora "Comunità europea"...) nelle discussioni di qualunque genere. Il germe del qualunquismo e del populismo spicciolo fanno tesoro di un sacco di baggianate che si trovano su Internet, che è per molti versi moltiplicatore di "catene di Sant'Antonio" di disinformazione e banalità.

Talvolta, per fortuna, si trovano anche cose interessanti per la mia concezione europeista, che come ho scritto tante volte è improntata ad una convinzione: l'Europa politica va rafforzata ma pesa la crisi degli Stati che non vogliono perdere sovranità in materie dalla portata continentale e la crisi economica è stata un alibi per ridurre il peso dell'altra democrazia indispensabile contro il centralismo europeo, vale a dire il regionalismo nelle diverse forme in cui si esprime nei Paesi membri che vivono - l'Italia ne è capofila - fenomeni di ricentralizzazione statuale che fanno impressione. Esempio è nel nuovo regionalismo "alla Renzi" l'utilizzo nel testo della Costituzione che sarà sottoposta a referendum in ottobre di formule umilianti come "l'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale". Ecco perché - proprio nella chiave di lettura europea - ho trovato interessante l'analisi de "I partiti regionalisti attori del Parlamento Europeo: strategie, posizionamento e temi chiave" in uno studio dei due esperti Paola Bonesu e Gabriele Lami. Si tratta di un'utile rappresentazione dei partiti regionalisti nell'attuale ottava Legislatura dell'Assemblea di Strasburgo (anche se poi il lavoro principale si svolge a Bruxelles). Nelle prime pagine si fotografa il perché dell'interesse: "Negli ultimi decenni l'attenzione per il processo di integrazione europeo è cresciuta in parallelo a un rinnovato interesse per il ruolo e le posizioni dei partiti regionalisti in ambito locale ed internazionale. Diversi studi hanno indagato la capacità dei partiti regionalisti di creare alleanze a livello sovranazionale, di cooperare con realtà politiche percepite come affini e di rapportarsi in maniera efficace con le istituzioni europee. Queste sono nel frattempo andate assumendo un'importanza sempre maggiore nel determinare aspetti fondamentali per la vita degli Stati e delle comunità nazionali. Si tratta di un tema divenuto ancor più di attualità a fronte di situazioni come quella scozzese e quella catalana, in cui si è scelto di chiamare i cittadini a compiere una scelta sulla possibilità di ottenere l'indipendenza: un bivio che ha reso esplicito il problema di come e se sia possibile e necessario ridefinire i rapporti intrattenuti dalla comunità nazionale (o dal futuro Stato) con la comunità degli Stati europei". Ma proprio l'esame analitico, attraverso diversi Gruppi parlamentari, dimostra la varietà delle situazioni. Nel gruppo "Verdi - Alleanza Libera europea" figurano due eurodeputati dello "Scottish national Party", una del "Plaid Cyrmu", partito gallese, un esponente di "Nova Esquerra Catalana" ed un altro di "Esquerra Republicana di Catalunya". Ci sono poi un eletto degli autonomisti valenciani e del partito della minoranza russa della Lettonia. Nel gruppo "Gue - Ngl" ("Group of the european united left" e "Nordic green left") ci sono, invece, quattro deputati del "Sinn Féin" nord-irlandese, una galiziana ed un basco. Nel gruppo dei "Conservatori e riformisti europei" ci sono quattro parlamentari europei del partito fiammingo "Nieuw-Vlaamse Alliantie". Nella "Alleanza dei liberali e democratici in Europa" - cui io ero iscritto quando ero parlamentare europeo - risultano quattro regionalisti: un basco, un istriano di Croazia, un rappresentante della minoranza svedese in Finlandia ed un catalano di "Convergència Democratica". Nel "Partito popolare europeo" si contano un catalano di "Unió Democratica de Catalunya", due rappresentanti della minoranza ungherese in Romania ed uno della minoranza ungherese in Slovacchia. Nello studio manca, invece, il deputato sudtirolese, che va contato per la posizione politica di "Svp". Infine si citano come regionalisti nel Gruppo, con i "lepenisti" di "Europe of Nations and freedom", quattro leghisti ed il fiammingo di "Vlaams Belang". E' interessante dunque vedere come sullo scacchiere politico del Parlamento europeo ci sia un'ampia distribuzione dei regionalisti e come al regionalismo si affianchi spesso il problema di rappresentanza di una minoranza linguistica. Naturalmente esiste - a radicare un approccio regionalista sino a salire al federalismo - la posizione politica di chi non rientra in questi elenchi, come i tedeschi, che, pur senza far parte di partiti da considerarsi regionalisti, (tranne la "Csu" bavarese), non perdono occasione per rimarcare ruolo e peso della democrazia locale in Europa.