May 2022

I cinema in crisi

L'ex 'Cinema Ideal' di VerrèsVicino a casa mia c'è un night. Dalle code di auto in divieto di sosta sulla strada nelle notti del finesettimana il locale dev'essere assai allettante per i frequentatori. Si tratta però di una sorta di sopravvivenza per soli uomini in un'epoca in cui certi locali sono ormai chiusi da tempo in seguito all'evoluzione dei tempi.
La stessa fine l'hanno fatta le discoteche rimaste ormai una rarità e non me ne spiego la ragione. Eppure un tempo erano locali cult e per la mia generazione era passaggio indispensabile di socialità e di educazione sentimentale. I gusti e i riti collettivi cambiano e bisogna rassegnarsi. Ci pensavo leggendo, ma anche constatandolo di persona, della crisi in corso delle sale cinematografiche. Ero convinto che nel post pandemia sarebbero ripartite ed invece non è così.

Culle vuote in Valle d'Aosta

Il professor Alessandro Rosina durante la presentazione dello studioL'idea iniziale di avere uno studio demografico sul futuro della natalità in Valle d'Aosta nasce (verbo più che adatto!) da una esigenza pratica in uno dei settori di cui mi occupo, la Scuola.
Poi, ragionando con l'ottimo dirigente regionale responsabile dell'Osservatorio economico e sociale della nostra Regione Dario Ceccarelli e con i colleghi del Governo regionale, si è scelto un approccio più vasto, utile per tutti. A condurre questo studio indipendente si è scelto per la sua competenza il professor Alessandro Rosina della "Cattolica" di Milano, demografo di grande esperienza e editorialista del "Sole - 24ore" e di "Repubblica", di cui avevo letto l'ultimo libro illuminante intitolato "Crisi demografica". Con la sua equipe ha elaborato uno studio incentrato sul periodo 2011-2021 con una proiezione al 2036: uno strumento utile (che si può scaricare cliccando qui) per pianificare moltissime azioni e per capire bene i rischi della denatalità in Valle d'Aosta, se non invertiremo la drammatica tendenza al drastico calo delle nascite, reso chiaro da un tasso di fecondità molto basso e che restasse tale ci porterebbe al collasso.

Due calci alla palla

Bimbi che giocano al pallone...L'altro giorno nel paese dove sono cresciuto, Verrès, ho chiesto notizie del campetto di calcio dove giocavo a pallone, che si trova sotto il campanile della Collegiata di Saint-Gillles, un complesso che risale all'anno Mille. Risposta: «Non ci va più nessuno».
Vero! Guardatevi attorno e, per chi ha vissuto da piccolo e poi da ragazzo, la logica di una partitella a pallone dovunque capitasse la situazione è deprimente.
La illustra con immagini condivisibili Francesco Florista in una bella lettera al "Corriere": «L'Italia preindustriale e preconsumistica degli ultimi anni 50 e primi anni 60 non era, poeticamente e nostalgicamente parlando, solo quella pasoliniana delle lucciole; era anche, nei miei ricordi di undici-dodicenne, quella di noi ragazzini in pantaloni corti. Li portavano tutti, sempre, anche in inverno, fino ai 12-13 anni; unica eccezione, ma non sempre, Prima Comunione e Cresima».

Basta con i filorussi!

La surreale intervista di Giuseppe Brindisi a Sergei Lavrov, ministro russo agli Affari esteriSono arrabbiato e lo sono perché tutti questi filorussi in giro mi fanno ribrezzo. Mi vergogno che in Occidente risulti essere l'Italia il Paese che fa da grancassa più di tutti alla Russia ed alla sua sofisticata capacità di manipolazione che deforma l'informazione. Esiste un coacervo di personalità prezzolate o strambe che fa sistema e che macchia ogni onorabilità della nostra democrazia. Spero che le persone ragionevoli si coalizzino contro questa accozzaglia che sbraita senza limiti e confini, facendo di noi uno zimbello a livello internazionale.
Mi fanno schifo quelli che palesemente hanno preso dei soldi dai russi e spero che qualcuno si muova per svelarne i traffici, che oggi giustificano certe posizioni passate e presenti. Mi danno il vomito quelli che dall'estrema sinistra riescono a rovesciare la frittata con i loro russi «poverini» aggrediti dalla "Nato" e fieramente in combattimento contro gli ucraini filonazisti.

Biscotti e cinciallegre

Gli 'Oreo' si possono anche mordere...Ci sono notizie che ti rendono diversa la giornata, ormai dominata - ed è comprensibile - dalle informazioni martellanti sulla guerra come prima era già stato per la pandemia. Sono notizie "colorate" - non trovo migliore definizione - anche se in gergo giornalistico forse sarebbe più esatto definirla "cronaca bianca".
Vorrei fare due esempi concreti, entrambi presi da "Le Monde". La prima notizia riguarda il biscotto più venduto al mondo: l'"Oreo". Lo avete presente?
Prodotto dalla "Kraft" dal 1912 è composto da due biscotti rotondi al cioccolato sovrapposti con in mezzo la crema di latte.
Scrive Hervé Morin: «C'est ainsi qu'une équipe du "Mit" décrit le biscuit de la marque "Oreo" dans un article de "Physics of Fluids" du 19 avril, aussi plaisant à déguster que le célèbre cookie. Les "connaisseurs" ont semble-t-il l'habitude, pour accéder à la crème immaculée qui les relie, de faire tourner à contresens les deux parties sombres, plus ou moins rapidement - "peut-être en fonction de leur niveau de faim ou d'anxiété", avancent les chercheurs».

Aperti al mondo

Un momento della riunione 'Dac' di 'Eusalp' a TriesteNon so chi si sia inventato per la Valle d'Aosta il termine «isola felice», giocando ovviamente sulla cerchia delle montagne che può essere equiparata ad un mare che ci circonda. Quel che so è che io l'espressione non l'ho mai usata e quando mi sono trovato di fronte ad un interlocutore che con vis polemica mi apostrofava: «Non siamo più un'isola felice!» sono sempre stato stupito e interdetto.
Solo uno stupido può pensare che oggi, ma questo era vero già in passato, la Valle d'Aosta possa vivere chiusa nelle proprie mura e non erano necessarie per saperlo la pandemia e la guerra in Ucraina.
Anzi, ho passato molti anni a cercare di dimostrare che solo facendo sistema ed avendo alleanze di vario genere possiamo superare il limite oggettivo della nostra piccola dimensione. Avere un rapporto continuativo con le altre Autonomie speciali in Italia è una necessità, perché sono moltissimi i terreni di confronto e di scambio di esperienze e risulta essenziale quella collaborazione "difensiva" a tutela dei nostri ordinamenti particolari.

La Festa della Mamma

La "Festa della Mamma" è un'occasione simpatica, che finisce per incrociare diverse generazioni.
Per chi non lo sapesse Le origini della festa così come la conosciamo oggi risalgono nell'America del 1908: l'idea venne a Anna M. Jarvis, con un memoriale in onore di sua madre, attivista pacifista. Nacque così il "Mother's Day, Giornata della madre" che aveva come simbolo il garofano bianco, entrata poi nelle abitudini e persino nella legislazione di moltissimi Paesi, Italia compresa.
L'"Etimologico" ci soccorre sull’origine della parola: "Il latino "mamma" è di eredità indoeuropea ed ha corrispondenze nelle lingue parenti, ma i confronti si estendono ben oltre le lingue indoeuropee in quanto si tratta di una voce infantile universale che ha come base la sequenza elementare "ma-ma", che imita le prime emissioni vocali dell’infante".
La mia e di mio fratello vive a 91 anni e sei mesi in una sua dimensione di ragazza, quando era a Castelvecchio di Oneglia, ma riconoscendo figli e nipoti.
Auguri!

Violenza e follia

Franco BasagliaE' terribile pensare alla carica di violenza che si sviluppa in una guerra, qualunque essa sia, pur nel distinguo - lo dico per l'Ucraina, a scanso di equivoci di questi tempi - fra aggressori e aggrediti.
Ha ragione Bertrand Russel quando scrive: «Scoprire il sistema per giungere all'abolizione della guerra è una necessità vitale della nostra civiltà; ma nessun sistema ha alcuna probabilità di successo, fintanto che gli uomini sono così infelici da considerare lo sterminio reciproco meno orrendo della continua rassegnazione alla luce del giorno».
Ma quel che è altrettanto sconvolgente in tema di violenza sono queste notizie di cronaca nera di uomini che uccidono mogli o compagne e persino - con un elenco doloroso - avvengono stragi familiari con figli che pagano la follia di un genitore.

Dal SüdTirol a Mariupol

Il fiume DravaRicordo con molta simpatia Niccolò Rinaldi, ai miei tempi al Parlamento europeo era segretario generale del gruppo dei democratici e liberali e poi divenne parlamentare europeo, restando sempre scrittore e alpinista. Fu amicizia fra noi, anche se non ci sentiamo da tempo per le circostanze della vita.
Ma, via "Whatsapp", ricevo ogni tanto un suo scritto e oggi ne cito uno di straordinaria portata emotiva, quasi poesia, che mi ha fatto scoprire quanto non sapevo
Eccolo: «Ai piedi della sorgente della Drava a Dobbiaco, sotto la Cima Nove a San Candido, sentiamo quanto l'uomo sia un nomade detronizzato al cospetto dei viaggi degli elementi. Non so quanto una sua particella impiegherà a raggiungere il Danubio, ma l'acqua della Drava fa presto a ingrossarsi e corre subito veloce. Fa in tempo a ricevere il rinforzo di due affluenti prima di procedere per il suo percorso mitteleuropeo ed entrare in Austria».

Oggi Festa dell'Europa!

La bandiera europeaLa Festa dell'Europa viene festeggiata da pochi amatori del genere. Triste dirlo, ma veritiero e bisogna reagire a questa indolenza e farne una giornata di consapevolezza.
Oggi lo farò - in occasione della giornata canonica - con l'Università valdostana con una manifestazione, assieme a diversi professori, a partire dalle ore 18. Il 20 maggio poi - ma avrò tempo di parlarne - sarò assieme a tanti giovani per una manifestazione europeista per la prima volta in piazza Deffeyes davanti alla Regione, omaggio a quell'Albert Deffeyes federalista, morto anzitempo a soli quarant'anni.
Con esattezza non so cosa dirò oggi. Ho sempre pensato che il successo di un intervento in pubblico dipenda dall'aria che si respira in una sala e dai visi dei partecipanti. Mai pensare ad un discorso precotto, specie se si è l'ultimo a parlare, verosimilmente con un pubblico affaticato.

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