January 2021

"Le Monde" sui confini del Monte Bianco

L'articolo su 'Le Monde'Non capita tutti i giorni di essere intervistato da "Le Monde" e devo l'occasione a Jérôme Gautheret, corrispondente da Roma per il prestigioso quotidiano parigino. L'ho incontrato qualche settimana fa nel mio ufficio ad Aosta e siamo stati a lungo a parlare in una conversazione assai piacevole sulla famosa storia del confine sulla vetta del Monte Bianco.
La ragione della sua visita è meglio presentata nell'occhiello del suo pezzo, che così recita: «Entre les deux pays, l'imbroglio à propos du tracé de la frontière sur le "toit de l'Europe" dure depuis plus de cent cinquante ans. La création d'une "aire protégée" de 32 km² autour du sommet alpin, en octobre, a relancé les arguties».

Plaidoyer per i ristoranti

Scatoloni di contenitori per l'asporto davanti ad un ristorante ad AostaAmo andare per ristoranti e considero questa mia predilezione una medaglia. Sarà che mangiare al ristorante da bambino era segno distintivo della domenica o di altro giorno di festa. Sa quindi anzitutto di famiglia e penso a tanti parenti che non ci sono più e me li ricordo ridenti e distesi, come solo lo stare insieme può dare.
Ho una carta geografia mentale di ristoranti memorabili dall'infanzia in su. Danno un senso, dovunque fossero, in certi casi di continuità, perché ci sono ancora, in altri casi invece sono stato chiusi e magari non siamo in tanti a salvarne la memoria. A me i ricordi piacciono molto e magari il fil rouge può essere proprio un cibo, un piatto, un vino e poi si risale sino alle tavolate e alle compagnie.
E ogni volta che vado in giro, quando posso, scelgo tappe ad hoc, che sia in altri Continenti o a pochi chilometri da casa con curiosità dalle stelle alle stalle, cioè dagli stellati agli agriturismi. Non bisogna andare troppo per il sottile, perché in qualunque posto, caro o economico, si può scoprire una perla rara.

Il dibattito sul Turismo invernale sulle Alpi

Turismo dolce in Valle d'AostaLa forzata chiusura degli impianti di risalita in questa sfortunata stagione sciistica forse finirà: abbiamo ora la data del 18 gennaio e speriamo davvero che, con chiarezza nel protocollo di sicurezza, questa riapertura venga rispettata, altrimenti si passerebbe dal male al peggio.
La paralisi, verificatisi nel periodo migliore della stagione, ha suscitato un ampio dibattito al quale hanno preso parte diversi soggetti ed il confronto a distanza è stato utile. Alcuni, però, hanno approfittato delle conseguenze della sciagurata pandemia per riprendere un'impostazione in verità tutt'altro che nuova: un "j'accuse" verso un modello di sviluppo del turismo invernale sulle nostre montagne, che ruota grossomodo da mezzo secolo attorno agli impianti ed alla loro utilità.

Lessico e personaggi del 2020

Sean ConneryQuante battute più o meno argute abbiamo fatto all'arrivo del 2021. Ma il soggetto non è stato tanto l'anno nuovo, quanto invece l'anno ormai passato su cui è stato persino scherzare per sdrammatizzare. Nei giorni scorsi siamo stati letteralmente sepolti da ricostruzioni di quanto è stato e di speranze per quanto sarà. Pur ottimista e convinto che passerà, preferisco per ora guardare al passato e non azzardare sul futuro.
Mi è molto piaciuto leggere nelle stesse ore un interessante gioco sulle parole del 2020 e ne propongo in parte i risultati, così come pubblicati da "Vanity Fair" e da "7" del "Corriere della Sera".
Comincerei da quest'ultimo. Autore è il già ministro Massimo Bray, oggi al vertice della "Treccani", che ne propone sei, che si accendono come fiammiferi alla sola pronuncia.

Il ritorno del francese?

Camillo LangoneSo bene quanto Camillo Langone sia un un intellettuale controverso per certe sue opinioni in questi anni. Tuttavia questa volta un suo editoriale sul "Foglio" mi ha molto incuriosito. Si tratta di una presa di posizione sul francese - e il tema non è banale per i valdostani - di cui non sfugge qualche logica da agent provocateur, di cui non sfugge l'acume.
Lo si denota sin dalla prima parte dell'articolo, che parte ovviamente dalla avvenuta "Brexit": «Viva la patria, viva tutte le patrie e naturalmente viva l'Inghilterra: ma adesso che gli inglesi si sono isolati perché mai la lingua franca dell'Unione europea deve continuare a essere l'inglese? Non suona assurdo? Nelle strade di Bruxelles si parla francese (e fiammingo, ma il fiammingo lo lascerei perdere: qualcuno ha mai letto Gezelle? Conscience? Van Beers? Qualcuno, anzi, ha mai sentito nominare questi letterati importantissimi nelle Fiandre?). Dopo l'euroinglese ci vuole l'eurofrancese».

La "Riunionite"

La vignetta di Voutch sulla 'Riunionite'Leggo e mi diverto con un articolo sul settimanale francese "Marianne Magazine" scritto con arguzia da Nicolas Carreau e sin dal titolo era facile capire di che cosa si volesse occupare: "La Réunionite", in italiano "Riunionite".
"Riunione" nel senso che così ci dà la "Treccani": "Il riunirsi di più persone (o anche, con valore concreto e collettivo, il complesso delle persone riunite) nello stesso luogo, di comune intesa o su invito o convocazione, sia per ritrovarsi e conversare, sia per assistere e partecipare a manifestazioni e incontri, sia per discutere e deliberare su questioni di pertinenza dell'organo collegiale di cui sono membri".
Tutti noi sappiamo per esperienza di che cosa si tratta. Chi faccia politica ha nelle riunioni gioia e tormento, compresa la varietà di tipologie e di esiti. Oggi significa anche, nella logica dei collegamenti in video, destreggiarsi attraverso le diverse piattaforme che li consentono e ogni tanto, a complicare le cose, me spunta una nuova.

Triste per gli USA

Vedere Donald Trump che dalla Casa Bianca ripete al suo popolo teorie complottiste, negando la sconfitta e accendendo gli animi, pensavo fosse il peggio. Ed invece assistere all'assalto di questa folla che invade Capitol Hill e viola uno dei simboli più antichi della democrazia parlamentare ha aumentato il disgusto ed anche le paure.
I politici che aizzano i propri sostenitori fanno questi danni, specie quando la miscela di ignoranza e stupidità diventa incendiaria e sfugge persino di mano a certi apprendisti stregoni.
Ci si ragioni anche qui in Italia: questa questione dell'odio come collante, dell'avversario che diventa nemico, dei "social" usati come clave, non è più democrazia e quindi bisogna preoccuparsi e reagire.
Basta con chi strumentalizza le cose, semplifica rozzamente e volgarmente. Non si può accettare che una democrazia solida come quella americana diventi fragile per via di un Presidente buffone, che sente la terra cedergli sotto i piedi.

La difficoltà di far ridere

Rowan AtkinsonUna premessa è d'obbligo: mi piace scherzare. Credo di averlo ereditato da mio padre. A dire il vero lui accompagnava le sue battute persino con la costruzione di burle ed era un indefesso barzellettiere. Io preferisco giocare con le parole e le situazioni e dunque anche con le persone in un esercizio che potrebbe essere in certe occasioni definito come "conversazione brillante" (quando ci riesco...). Non so se sia da considerarsi un tratto caratteriale, culturale o genetico. Cerco sempre di non debordare e talvolta può capitare di farlo e poi me ne pento, specie quando - e può capitare - la spiritosaggine non riesce bene o cola a picco diventando gaffe.
Per questo adoro chi con la comicità ci lavora e fra questi mi è sempre piaciuto, anche per l'unicità del suo genere, la goffaggine e la mimica straordinaria di Rowan Atkinson nella sua veste del ben noto Mister Bean.

Teniamoci stretta la democrazia

Jake Angeli, la guida del tentato 'golpe' al Congresso USASe penso all'autonomismo valdostano ed alla sua evoluzione, che spero coincida tra pochi mesi con una stagione di rilancio e di unità, non posso che segnalare - come dato importante in questo mondo così difficile - la scelta, per nulla banale, della via pacifica per affermare le proprie idee come elemento base di chi ha avuto responsabilità di governo.
Non mi riferisco ovviamente a minoranze nazionali o linguistiche che per affermare sé stesse e le proprie libertà hanno scelto lotte armate, perché appartenenti a contesti diversi (anche se nel secondo dopoguerra spazi eventuali ce ne furono, ma si scelse di lavorare nelle Istituzioni), quanto invece nella logica tutta politica, che esclude non solo la violenza fisica ma anche quella verbale.
Si è visto in quanto avvenuto a Washington, con una marmaglia di trumpiani, con il furore cieco e bruto delle parole di Donald Trump, in un crescendo mese dopo mese, se non anno dopo anno, benzina sul fuoco che ha portato allo scontro, all'oltraggio, alla rabbia.

Parole, parole, parole...

Giuseppe Conte mentre esce...Vivo, con una certa soddisfazione, in una bolla rispetto alla politica italiana. So che potrà apparire bizzarro per chi ci ha vissuto per molti anni, ma giuro che non ce la faccio. Già ritenevo un'operazione incredibile il Governo giallo-verde, noto alle cronache come "Conte 1" e lo stesso giudizio l'ho sempre dato sul giallo-rosso "Conte 2", ma ora che potrebbe nascere un Governo "Conte 3" o forse un Governo per ora con un presidente del Consiglio incaricato non ce la faccio.
Salto a piè pari le paginate dei quotidiani dedicate a incontri, boatos, supposizioni, ricostruzioni, rimpasti per passare ad altro. Il giornalismo politico ormai passa il tempo a dar fiato a retroscenismi ed a liti da cortile. Viene in mente una celebre canzone, che faceva: «Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi».

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