February 2020

Il "coronavirus" e le epidemie

Cinesi in aeroporto con le mascherineTocca parlare di questo "coronavirus", partendo da una prima riflessione da distante. Scriveva tempo fa, in un suo articolo scientifico "La storia delle epidemie, le politiche sanitarie e la sfida delle malattie emergenti", Bernardino Fantini, professore di storia della medicina e della salute: «La conoscenza medica e il senso comune hanno da sempre saputo che le malattie, e in particolare le epidemie, possono comparire improvvisamente in una popolazione, rimanervi per periodi più o meno lunghi, ed eventualmente scomparire, per riemergere una o più generazioni più tardi. Trasportate dai battelli, dalle carovane o dagli eserciti, le fiammate epidemiche di malattie come la peste, il vaiolo, il tipo, l'influenza, la sifilide o la poliomielite colpivano città e campagne, decimavano le popolazioni e gli eserciti, cambiando spesso il corso della storia».

Il "Crodino" senza Crodo

Lo stabilimento dove viene prodotto il 'Crodino'"La Stampa" del lunedì non ha le pagine valdostane del resto della settimana, ma Aosta finisce in un insieme di notizie dalle Province piemontesi (scherzando si potrebbe dire che questo sarebbe stato il destino politico se non avessimo avuto l'Autonomia) e per questo capita di leggere notizie altrimenti destinate ad un piano locale che sfuggirebbe.
Così questa notizia data da Cinzia Attinà: «Una corsa contro il tempo, ben sapendo che il traguardo è ormai quasi irraggiungibile. Crodo prova a tenersi il "Crodino", l'analcolico biondo "che fa impazzire il mondo". Si sono mobilitati tutti, dai parlamentari ai sindacalisti, ma l'accordo tra "Campari" e "RoyalUnibrew" ("Ceres") è noto dal 2017. Quando l'azienda italiana ha venduto ai danesi lo stabilimento ossolano, comprese acque minerali e bibite, si era tenuta il "Crodino", con l'obiettivo di trasferire la produzione (con ogni probabilità a Novi Ligure) entro la fine del 2020. Ora che la scadenza si avvicina, sale la protesta».

"1917": gli orrori della guerra

Un'immagine da '1917' di Sam MendesCapisco la tentazione crescente - per le molte piattaforme ormai disponibili - di guardarsi i film su schermi televisivi sempre più grandi e con immagini sempre più vivide ed il "4K" studiato dal "Centro ricerche Rai" di Torino lascia stupefatti e sta arrivando altro di ancora più innovativo. Eppure il cinema resta il cinema!
Non solo dal punto di vista tecnologico, essendo "girato" per il grande schermo, ma perché nell'atmosfera buia di una sala non esistono le molte distrazioni di un ambiente domestico.
Ovvia riflessione per un film storico e drammatico come "1917" che vale la pena di vedere, concentrandosi su un racconto che commuove.
Paolo Mereghetti sul "Corriere della Sera" è il solo, con la sua capacità di raccontare i film, ad avere avuto la sintesi giusta nella descrizione di due ore in poche frasi: «La guerra come dovere, come ordini (da eseguire), come missione. Ma anche come fatica, come strazio. E infine come percorso obbligato, che non lascia scampo, che ci sovrasta e ci imprigiona».

Il dramma delle poche nascite

Non ci vuole un mago, ma un semplice esperto di statistica, per avere conferma della crisi demografica della Valle d'Aosta. Qualche dato: nel 2002 su 119.546 abitanti la percentuale di cittadini con più di 65 anni era del 19,2 per cento, mentre nel 2018 era del 23,8 per cento su 128.298 abitanti (numero totale in calo dal 2012).
L'età media dai valdostani era, nel 2002, di 42,6 anni e nel 2018 è salita a 45,6 anni. La discesa dell'indice di natalità è confermata dal fatto che resta bassa la percentuale di valdostani fra gli zero ed i 14 anni, che vale il 13,1 per cento. L'indice di vecchiaia si situa oggi a 181,6 anziani ogni cento giovani, mentre nel 2002 era a 149.
Nel 2018 si è interrotta, quasi in modo inaspettato, la costante decrescita della popolazione straniera in Valle d'Aosta che registra un aumento del 2,2 per cento passando da 8.117 residenti a 8.294. Su cento cittadini valdostani, un pochino meno di sette sono stranieri, provenendo da un Paese che non sia l'Italia.
Ma la realtà è che questa emorragia di energie giovani e l'invecchiamento della popolazione non sembrano per ora essere reale argomento politico.

Il dramma delle poche nascite

Non ci vuole un mago, ma un semplice esperto di statistica, per avere conferma della crisi demografica della Valle d’Aosta. Qualche dato: nel 2002 su 119.546 abitanti la percentuale di cittadini con più di 65 anni era del 19,2%, mentre nel 2018 era del 23,8% su 128.298 abitanti (numero totale in calo dal 2012). L’età media dai valdostani era nel 2002 di 42,6 anni e nel 2018 è salita a 45,6 anni. La discesa dell’indice di natalità è confermata dal fatto che resta bassa la percentuale di valdostani fra gli 0 e i 14 anni, che vale il 13,1%. Indice di vecchia si situa oggi a 181,6 anziani ogni 100 giovani, mentre nel 2002 era a 149.
Nel 2018 si è interrotta, quasi in modo inaspettato, la costante decrescita della popolazione straniera in Valle d’Aosta che registra un aumento del 2,2 per cento passando da 8.117 residenti a 8.294. Su 100 cittadini valdostani, un pochino meno di 7 sono stranieri, provenendo da un Paese che non sia l’Italia.
Ma la realtà è che questa emorragia di energie giovani e l’invecchiamento della popolazione non sembrano per ora essere reale argomento politico.

L'addio al Regno Unito

La 'Brexit' vista da Stefano TartarottiLa Storia non si scrive mai con i "se" e con i "ma". E' verissimo, però, che ci sono sempre stati dei bivi di fronte ai quali si sono trovati singoli popoli o l'umanità intera e la scelta di un'altra strada rispetto a quella imboccata avrebbe comportato conseguenze diverse da quanto avvenuto in realtà. Può essere suggestivo interrogarsi su questi scenari diversi, ma è un esercizio che alla fine può essere considerato uno sforzo intellettuale, ma gli avvenimenti restano quelli successi.
Così la grandi discussione sulla "Brexit" e cioè se un eventuale referendum ripetuto avrebbe cambiato le carte in tavola, serve a poco, se non a scopo consolatorio per chi non è d'accordo su quanto innescato dall'esito del referendum del 23 giugno del 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, anche noto come referendum sulla "Brexit" (parola composta formata da "British" ed "exit").

Il Festival di Sanremo: un tuffo nel passato

Il teatro 'Ariston' di SanremoIl "Festival di Sanremo", con i suoi settant'anni, è diventato un caposaldo nel corso dell'anno. Se non si può essere irriverenti comparandolo alle feste comandate, è certo che si tratta ormai di un'abitudine radicata, una sorta di messa cantata.
Nel mio caso ho passato diverse fasi, conseguenti a tappe della mia vita. Da bambino era un passaggio obbligato, magari non stando la sera davanti al televisore, quanto piuttosto ascoltando i successi sanremesi per radio, allora monopolio "Rai", e si imparavano le canzoni a memoria con appositi libretti in vendita e si sappia che all'epoca si cantava molto di più!
Facciamo un gioco per capirci, cominciando dal mio anno di nascita e dal commento di quel Festival del giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro: «L'anno della grande svolta fu il 1958 che, peraltro, fu anche l'anno del perbenismo esasperato. Domenico Modugno, che s'era, fatto conoscere con curiose canzoni popolate di svegliette e di donne ricce si presentò con "Nel blu dipinto di blu" e stravinse in coppia con il giovanissimo Johnny Dorelli, facendo gridare al miracolo».

Parigi val bene una Messa (anche la Valle d'Aosta...)

Enrico IV interpretato da Carlo CecchiLe vicende umane e dinastiche delle monarchie attuali - che sono nei diversi Continenti ben ventisette, se non ho perso il conto - interessano la stampa rosa e non più la Storia. Eppure basta un salto nel passato per capire come, invece, ci siano state vicende complicatissime e spesso sanguinose per la conquista di un trono e certi fatti siano rimasti così esemplari da alimentare persino i modi di dire.
Prendiamo la famosa frase «Parigi val bene una Messa», una battuta agra che la tradizione attribuisce ad Enrico IV di Francia quando abiurò definitivamente il calvinismo ed abbracciò il cattolicesimo per opportunismo, utile per salire al trono. Quella di Enrico di Borbone fu una vita complessa. Era figlio di Antonio di Borbone e Giovanna III di Navarra, nipote di Francesco I, primo re di Francia della dinastia dei Valois-Angoulême, la famiglia reale allora in carica.

L'ABC della Democrazia

La copertina del libro di Guido CalogeroUna volta i partiti erano luogo privilegiato della formazione alla Politica. Oggi che sono diventati "liquidi", modo elegante per dire che sono organizzazioni ridotte all'osso con pochi iscritti ed una vita interna ridotta al lumicino, ci si chiede giustamente come dare informazioni di base e fare crescere le persone che si interessano alla politica, compresi in una scala ideale di salita, ruoli amministrativi, parlamentari ed esecutivi.
Esiste certo la via dell'autoformazione e chi magari compie studi giuridici acquisisce elementi utilissimi e lo stesso vale per altre Facoltà che possono fornire strumenti assai preziosi. Ma poi esiste la realtà fattuale e quel patrimonio accumulato - penso alle mie diverse esperienze - che se non trasferito finirà per essere state inutili per la comunità cui appartengo. Questo significa un dialogo continuo e non solo quei corsi di formazione di alcune ore, in una logica da venditori di pentole in cui si cerca di concentrare tutto con tecniche di apprendimento artigianali.

Contro la "bêtise" in Politica

Il 'Grande Fratello' di '1984' realizzato dai ragazzi del Liceo classico di Aosta«La bêtise a ceci de terrible qu'elle peut ressembler à la plus profonde sagesse» - scriveva Valery Larbaud.
Questo scrittore francese dalla vita sfortunata dice qualcosa di molto vero e su cui sarebbe bene riflettere con pacatezza. Lo preciso perché penso anzitutto che il dialogo politico, e direi persino la vita quotidiana, dovrebbero tornare a elementari valori di rispetto reciproco. Troppi toni accesi e linguaggi inopportuni avvelenano la civile convivenza ed i comportamenti violenti sono spesso la conseguenza naturale di una escalation che va fermata nel nome del civismo e del buonsenso. Non per buonismo astratto, ma per imporre ordine e educazione nei comportamenti per una sorta di salute pubblica.
Oggi si capisce il danno fatto dagli eccessi di antipolitica, compreso l'antiparlamentarismo, quando la generalizzazione giacobina e l'odio cieco hanno finito non per travolgere i cattivi ed i delinquenti, ma hanno finito per intaccare la sostanza delle Istituzioni.

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