December 2010

Macchia di leopardo

Uno dei mezzi sgombraneve in giro per Aosta dopo l'ultima nevicataHo stentato a parlare della neve. Dando per scontato che trattasi di normalità in ambiente alpino, mi ero ripromesso di trovare uno spunto diverso e originale rispetto agli anni passati, quando l'arrivo della neve, superata la fase estatica e romantica della neve che cade, si era trasformato in un "film dell'orrore".
Ci eravamo detti - come consolazione - che non eravamo più abituati da anni alle nevicate a causa di inverni stitici e dunque, come i pinguini con il "pack" che si scioglie, dovevamo solo abituarci e saremmo ripartiti alla grande.
Ora nutro qualche dubbio, incuriosito dal crescente effetto "a macchia di leopardo" dello sgombero neve. Non parliamo dei privati, il cui destino è legato alla valentia e all'acume del singolo operatore: per cui condomini o piazzali seguono appunto la logica della bravura della catena di comando e dell'operatore finale.
Nel pubblico, invece, tranne i sempre decrescenti mezzi spartineve direttamente guidati da personale statale ("Anas"), regionale o comunale, vige l'appalto e qui entriamo nel mondo dell'imprevedibile e gli esperti, tra l'altro, dovrebbero spiegarmi perché ormai certe gare per alcune tratte vadano, pur in tempi di "vacche magre", deserte.
L'imprevedibile segue le logiche di affidamento e come il territorio è stato spezzato (ad esempio suddivisione di strade da marciapiedi) e quali mezzi sgombraneve di vario genere siano stati richiesti e quale tempistica d'intervento si sia prevista in caso dall'allerta.
Per cui, prima ancora che nevichi, vige una logica probabilistica che incombe su di noi come una "spada di Damocle" e cioè che la ditta abborracciata e improbabile sia proprio quella che si occupa dei percorsi innevati della nostra vita.

Luminarie

Gli alberelli di Natale a Saint-VincentSe una visitatore venisse dal passato, come spesso le fantasie romanzesche o filmiche ci raccontano con la "macchina del tempo", forse quel che stupirebbe di più un valdostano "del tempo che fu" sarebbe, fra le mille cose che lo lascerebbero esterrefatto, l'illuminazione elettrica e la sua capillare diffusione.
Ora che abbiamo una grande società elettrica regionale sarebbe interessante che qualcuno scrivesse la storia - ottocentesca e poi novecentesca - del lento ma progressivo affermarsi dell'elettricità in Valle.
Un tratto importante, sinora visto principalmente sotto il versante dello sfruttamento dell'idroelettrico e di quella industrializzazione conseguente, meno - tranne qualche notizia tratta dai giornali d'epoca - sull'impatto riguardante la quotidianità di cittadini e comunità.
Ci pensavo guardando le luminarie natalizie, segno di un municipalismo forte visto che ognuno ha le sue grandi varianti, che inseguono il sogno di trascinare sulla terra la volta celeste, una volta limitato alla luminescenza naturale del vischio.
Anche in questo caso, è indubbio che ci sia stato un progressivo "crescendo" nel diffondersi delle luci natalizie, che personalmente mi mettono allegria, creando l'ambiente giusto per le ormai prossime vacanze natalizie.

L'intrico dei decisori

Leggendo il quotidiano vallesano "Le Nouvelliste" (viva il Web, pensando alle fatiche per avere la versione cartacea in tempo ragionevole) leggo l'incipit di un articolo così impostato:
"«Cette année présente l'une des plus mauvaises configurations qui soient» déclare Urs Zenhaüsern, directeur de "Valais Tourisme". Les jours des fêtes de fin d'année tombent très mal dans le calendrier. «La semaine de Noël sera difficile, car le 25 décembre tombe un samedi. Les gens préfèrent venir en station en famille après les fêtes. Sur cette semaine précédant Noël, nous estimons que le taux moyen de réservation est de 50 pour cent. Nous perdons quasiment une semaine». La semaine suivante, qui se trouve coincée entre Noël et Nouvel-An, les réservations fonctionnent bien. Celle qui suit sera à nouveau un peu plus faible. «Comme les réservations vont du samedi au samedi, beaucoup d'hôtes partiront déjà le 1er janvier»."

Cartoline di vita

Le tessere di un mosaicoLa routine uccide lo spirito d'osservazione. E' solo in certe pause, quando per ragioni varie "stacchi" o meglio riattacchi il cervello, che alla fine ci pensi.
L'altro giorno, in coda per l'ingorgo causato dalla neve, mi sono goduto lo spettacolo, in un momento di schiarita con un raggio di sole, di un gruppo di passerotti che facevano la loro toilette in una pozzanghera sulla strada, sfidando il "via vai" delle macchine.
In una sosta snervante in un aeroporto, ho ammirato una ragazza alta e robusta - direi fiamminga - che, incurante dello stress che l'attorniava, con le cuffiette nelle orecchie, seguiva il ritmo della musica, improvvisando coreografie in mezzo alla folla stranita.
Una donna, che ho visto da una finestra nella pausa di una riunione, che passava da un cassonetto ad un altro - con le mani piene di sacchetti in plastica rigonfi - infilandosi letteralmente dentro i contenitori dei rifiuti con un gesto simile ad un tuffo.
Una lunga attesa in un cimitero di città, con le macchine delle pompe funebri che arrivavano una dietro l'altro ai cancelli, e tu ti concentri sul prete che al momento topico di un'omelia all'aperto scorda il nome dello scomparso e, da vero professionista, lo chiede per poi ripeterlo più volte come per ottenere un'assoluzione.
Non bisogna mai essere come anestetizzati, perché altrimenti ti perdi delle cartoline di vita.
Scriveva Arthur Schopenhauer"Le scene della nostra vita sono come rozzi mosaici. Guardate da vicino non producono nessun effetto, non ci si può vedere niente di bello finché non si guardano da lontano"
Allargare gli orizzonti guardandosi di più attorno a noi e "dentro" la nostra vita.

I segreti della salatura

Un mezzo spargisaleLa salatura delle strade è un’arte. Ricordo, anni fa, di avere letto gli atti di un convegno e di quanto fossi rimasto stupito delle ricerche e degli studi applicati. Esiste poi, come sempre, chi ritiene che per i danni ambientali (il sale "attacca" la natura circostante e le può inquinare le falde acquifere) o per altri danni collaterali (fondo stradale, cemento delle infrastrutture e metalli delle autovetture) bisogna essere contrari o attenti all"uso del cloruro di sodio, che è il più adoperato anche da noi.
Avevo letto che in Francia, ormai da tempo, si sperimenta, in sostituzione di questo sale "tradizionale", il cloruro di calcio. Avete presente quelle bevande "autoriscaldanti", tipo caffè? Ebbene la sostanza è proprio quella che serve a quel tipo di riscaldamento.
«C'est un produit naturel, biodégradable qui protège l'environnement et qui est dix fois plus efficace que le sel habituel car il résiste à des températures extérieures de moins cinquante degrés», così dice in un'intervista su di un giornale svizzero Georges Pavoni, distributore per la Svizzera del prodotto, dove è cominciato l'uso di questo sale, che come dicevo in Francia è ormai usuale. «Ce puissant réchauffant dégage 90.000 calories par kilo. Il améliore l'équilibre minéral des sols, la fertilisation, la dessalinisation et les traitements des affluents, notamment les eaux de ruissellement et les eaux usées. Contrairement au sel, cette invention, qui porte le nom de "Warm Up", n'est pas toxique, non agressive car très peu corrosive. Elle respecte les carrosseries des voitures, les trottoirs en ciment, le bitume, la végétation et les pattes des animaux».
Altrove leggo di una qual certa aggressività del cloruro di calcio sui metalli, ma non sono in grado di capirne la portata. Certo è che, se non è già stato fatto, non sarebbe male immaginare anche in Valle qualche forma di sperimentazione, visto che anche le recenti nevicate hanno posto, in diverse zone ma anzitutto ad Aosta, problemi mica da ridere e se, dopo il caldo di queste ore, tornerà il gelo a farla da padrone sarà, purtroppo, il ghiaccio.

Il pendolo fra ottimismo e pessimismo

Foto di gruppo al convegno a Saint-VincentQuando, ormai molti anni fa, ho cominciato ad occuparmi di politica, ho capito che uno dei doveri degli eletti valdostani - specie nelle esperienze che ho e che ho avuto a Roma e Bruxelles - dovesse essere quello di occuparmi dei problemi della montagna. Con una duplice chiave di lettura: a beneficio di un territorio e di una popolazione montani come la nostra Valle; ma anche in una logica solidaristica e di alleanze con le "altre" montagne.
Per questo, non a caso, mi sono sempre occupato di questi argomenti, diventandone, come si dice, un "esperto", anche se la vita mi ha insegnato che non si finisce mai di imparare. Quel che mi è piaciuto di più di questa attività è stato lo scambio di conoscenze e la consapevolezza crescente che in quel plurale "montagne" ci sta dentro una realtà straordinaria che deve, alla fine, essere ordinata e trattata con norme giuridiche. Altrimenti sarà solo la retorica ad impadronirsi dei problemi montani.
Così anche quest'anno, in un convegno a Saint-Vincent questo pomeriggio, potrò dire la "mia" e lo stato d'animo, come spesso mi capita, oscilla fra ottimismo e pessimismo. L'ottimismo, in questo pendolo degli umori, è rappresentato dall'articolo 174 dei Trattati europei che, come sanno i lettori attenti, per la prima volta parla finalmente della particolarità dei territori montani e bisogna infilarsi in fretta in questa porta prima che si chiuda. Il pessimismo, invece, è il "caso italiano" dove spariscono non solo le comunità montane, simbolo forse maldestro della "montanità" ma pur sempre simbolo, ma - assieme ai soldi che le finanziavano - si annuncia anche il funerale dell'associazione storica, risalente al 1952, nota come "Uncem" (Unione nazionale Comuni Comunità ed Enti montani), destinata a confluire nell'associazione dei Comuni, parenti-serpenti, dell'Anci.
Una campana a morto che la dice lunga sul tremendo sfilacciamento, impensabile ai tempi in cui in Parlamento battagliavo per la montagna italiana.

Verso il voto di fiducia

Un pensieroso Silvio Berlusconi"Fiducia" viene dal latino "avere fede", intesa come "lealtà" e non è male ricordarlo con l'approssimarsi del passaggio parlamentare decisivo per il Governo Berlusconi.
Conosco bene la procedura "tecnica": in aula, in una Legislatura quando ero Segretario di Presidenza, ero chiamato a fare la "chiama" (l'appello nominale dei deputati in ordine alfabetico) per effettuare la "conta", come si dice in gergo.
Non bisogna stupirsi che ci siano dei "venduti" in questo passaggio: è il vecchio "trasformismo" italiano che sancisce il fallimento del sistema elettorale "finto maggioritario".
Se anche Silvio Berlusconi evitasse la sfiducia, governerebbe con numeri troppo risicati e vivacchierebbe con la paura continua di agguati alla Camera sulle leggi importanti. Per altro l'opposizione è debole e divisa e non è solo una questione di leadership.
«Annamo bene»: l'espressione nel vernacolo della Capitale credo rappresenti lo stato d'animo dominante in un'opinione pubblica sconcertata.
Mai demordere, tuttavia. Scriveva anni fa Alessandro Galante Garrone: «Può valere, anche e soprattutto in giorni come questi, l'ammonimento di Calamandrei: "Non è con l'irridere la politica, col disprezzarla e coll'estraniarsene che la politica si risana: bisogna entrarci e praticarla onestamente e resistere allo schifo". Non è necessario, indispensabile andare per questo in Parlamento o iscriversi a un partito. Ma sì, resistere allo schifo: purché attivamente, con tutti i modi, anche più modesti, dei quali si dispone. Non rassegnarsi, mai».
Non solo a Roma.

Il futuro del "Corrado Gex"

Il jet da cento posti atterrato a Saint-ChristophePur avendo perso di vista le vicende intricate nei rapporti fra "Air Vallée" e Regione, che pesano non poco sulle prospettive future visto che la società aeroportuale è mista, sono lieto che un "jumbolino" sia atterrato all'aeroporto "Corrado Gex".
E devo dire che mi fa rodere un pochino il fegato che "altri", non presenti nella fase di programmazione e realizzazione delle due infrastrutture principali - radioassistenza e allungamento della pista - si approprino, come consumatori finali, di scelte altrui, frutto di faticose negoziazioni con "Enac" a Roma e di investimenti cospicui con denaro regionale e anche di studi che avevano approfondito i mercati potenziali.
Avendo seguito con grande fatica il dossier dal 2003 al 2008, anni in cui sono state sbloccate situazioni incancrenitesi nel tempo e che avevano quasi pregiudicato un uso commerciale dello scalo valdostano, conosco bene fatti e avvenimenti e so, per conoscenza diretta, che le tappe ulteriori non sono banali e nulla dev'essere dato per scontato. Il master plan è stato seguito e rispettato per alcune tappe e questo ha portato i suoi frutti (compresa l'aerostazione in costruzione), ma ora tutto è più difficile e non si capisce più nulla delle reali intenzioni e ogni scelta contraddittoria, incoerente o bislacca potrebbe risultare letale  e non nascondo la mia preoccupazione.
Io parteggio per il futuro dell'aeroporto di Saint-Christophe nel nome proprio di quel grande studioso di diritto aeronautico e pilota di montagna che fu Corrado Gex. Il futuro è quello di un piccolo scalo regionale con voli su Roma e alcuni charter, base della Protezione civile, che convive con i voli turistici a motore e con l'aliante (il progetto di scuola di elicottero con "Agusta" è finita sul binario morto).
Il resto, purtroppo, sono disegni che poco hanno a che fare con la Valle d'Aosta.

La discussione sul patois

Gli attori valdostani che hanno interpretato le storie della PimpaLa "Pimpa" e gli altri personaggi animati del grande Altan parlano in francoprovenzale, "doppiati" da attori in patois. L'idea è carina e serve di certo ad avvicinare i bambini a questa nostra lingua millenaria, il "valdostano"
Come ho già ricordato, per me è stata una grande soddisfazione il riconoscimento del francoprovenzale nella legge di tutela delle minoranze linguistiche storiche del 1999, quando da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio - con delega, tra l'altro, sulle minoranze linguistiche - vidi approvata una legge che avevo seguito passo dopo passo nel decennio precedente. Ora, a completamento giuridico, stiamo lavorando su di una norma d'attuazione dello Statuto.
Purtroppo - e lo dico con autocritica - abbiamo avuto tutti la tendenza a delegare la discussione su questa nostra lingua agli ottimi esperti e ricordo fra gli altri l'ayassin Saverio Favre, sagace studioso della materia. 
Mentre, naturalmente, esiste un versante politico che inerisce anche temi non solo tecnici, sintetizzabili nelle questioni di "normalizzazione linguistica" e non mi riferisco solo ad un fatto di grafia. Capisco che il busillis è come destreggiarsi fra la logica di una "koinè" (una lingua omogenea e standardizzata) e la straordinaria varietà locale dei nostri patois la cui uniformizzazione sarebbe un peccato.
Ma il tema politico è quello di come contrastare il rischio di una lingua che per confrontarsi con la società dell'informazione e con gli strumenti di comunicazione di massa deve darsi regole e comprensibilità generale, perché una lingua per resistere non può più contare solo sulla dimensione familiare e comunitaria.

Caleidoscopio 14 dicembre

Massimo LattanziIl settimanale radiofonico "Caleidoscopio", come tutti i martedì alle 12.35 su "Radio1" (93.4 FM per Aosta e 1116 kHz MW per l'intera regione), propone diversi argomenti con la conduzione e i testi di Christian Diémoz.
Massimo Lattanzi, nella serie in corso "non solo politica" sui politici regionali, evocherà la sua esperienza di quarterback dei "Blackreds", mitica squadra di football americano in Valle. 
Ci sarà poi l'eclettico Bobo Pernettaz a raccontarci la scelta di essere artista-falegname. Michela Ceccarelli, nella sua rubrica settimanale, racconterà della storia del "Père Laurent", mentre Diémoz nel suo "Un libro, un disco" presenterà il volume "Valle d’Aosta: un mondo svelato" di "Musumeci Editore"
Come sempre, grande attenzione alle scelte musicali.

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