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18 ago 2021

Una discussione sulla democrazia valdostana

di Luciano Caveri

Sono d'accordo sulla proposta che sta emergendo di avere una sessione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, che preceda quella ordinaria già fissata per fine settembre, dedicata ad alcune riflessioni sullo stato dell'Autonomia valdostana. Anzi, a ben rifletterci, dovrebbe essere una buona abitudine, che vada al di là delle celebrazioni ufficiali e che sia un osservatorio politico e certo giuridico di quanto si riverberi sull'Ordinamento valdostano. Capisco che in questa occasione esista l'impatto emotivo ed anche molto concreto e grave sulle persone colpite da quanto deciso nella sentenza d'appello della Corte dei Conti sulla nota vicenda riguardante il Casinò de la Vallée. Ma si tratta di riflettere sulle conseguenze istituzionali, al di là delle vicende dei singoli, perché quanto scritto dai giudici contabili non è affatto "acqua fresca" e rischia di avere un impatto molto forte sui poteri e le competenze della Valle e sugli spazi di libertà decisionale di Assemblea e Governo.

Ma dovrebbe essere una discussione non unidirezionale in punta di diritto e con le motivazioni politiche che sottendono, che riguardano più in generale l'Autonomia odierna nel flusso storico che porta alla situazione attuale. L'occasione, se verrà, dovrebbe riguardare anche la sentenza della Corte Costituzionale con cui venne bocciata la legge regionale applicativa in ambito regionale delle misure contro la pandemia. Una scelta molto centralista che, come l'altra sentenza appena citata, si riverbera non solo su di noi, ma ha un impatto molto significativo sull'impianto del regionalismo, così come attualmente in vigore dopo le famose riforme del Titolo V del 2001. Bisogna avere consapevolezza delle conseguenze e lo devono avere le altre Regioni e le Province autonome ed anche le Autorità statali, perché la Repubblica è una sola e fra i capisaldi della democrazia italiana c'è il rispetto della democrazia locale nelle sue diverse espressioni, compresa l'Autonomia speciale prevista dall'articolo 116 della Costituzione e dagli Statuti speciali, come nel caso appunto della nostra Valle d'Aosta. Ma certo l'occasione dovrebbe riguardare, con garbo e senso delle Istituzioni, le conseguenze di altre inchieste di carattere penale che hanno investito la Valle e su questo vorrei essere chiaro. Alcune risultanze, a diversi livelli di giudizio, hanno visto persone prosciolte da accuse gravissime, mentre in altri casi l'impianto accusatorio ha retto al vaglio dei giudici. Resto convinto, tanto per essere esplicito, che certe vicende di mafia, anzi di 'ndrangheta, siano e restino un campanello d'allarme eclatante e non bisogna per nulla abbassare la guardia. Ricordo l'ammonimento di Leonardo Sciascia sulla «linea della palma» (la palma era la mafia), destinata a salire dal Sud - terre di elezione per certe associazioni criminali - verso il Nord. Fu buon profeta proprio lui, che ammonì anche con intelligenza sulla necessità, comunque, di diffidare dei «professionisti dell'antimafia». Scrivo questo per dire che una discussione deve con onestà affrontare non solo le questioni esogene, cioè esterne, che impattano sulla nostra Autonomia, ma anche le questioni endogene di rispetto da parte nostra dei valori e dei principi morali alla base della Regione Autonoma. Questo concerne anche la nostra capacità di esercitare con efficacia ed efficienza l'Autonomia, cioè nella sostanza il governarsi con le proprie leggi, che comporta competenza, impegno e devozione. Questioni da prendere molto seriamente e che riguardano la qualità degli eletti, la bontà della macchina amministrativa ed il mantenimento di un sentimento di appartenenza e un'identità che sono alla base dell'Autonomia assieme alle motivazioni antiche di terra di montagna e come tale obbligata a regolare diversamente molte materie. Certo, esistono i rischi da denunciare del centralismo italiano ed anche di quello europeo. L'Unione europea è una chance, specie con i propri cospicui fondi, ma non si possono accettare neppure da Bruxelles sistematiche invasioni di campo. Bisogna denunciare i ritardi delle norme di attuazione dello Statuto in settori essenziali e bisogna vigilare sulla legislazione statale, sperando sempre in giudizi equi della Consulta, la cui giurisprudenza, come scrivevo poco prima, sembra in fase di modificazione e certo non con simpatia verso i poteri locali. Insomma, molta carne al fuoco e non bisogna aver timore di discuterne nella massima espressione della democrazia valdostana, il Consiglio Valle.