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03 lug 2021

Proposta Zan e la drammatizzazione

di Luciano Caveri

In Italia ci sono temi da prendere con le pinze, perché sono dirimenti e tuttavia vedono troppi protagonisti piazzati a spararsi verbalmente dalle rispettive trincee, come se non ci fosse un domani. Sembriamo ormai avvolti nella incapacità di trovare mediazioni che consentano di trovare comunque soluzione a temi delicati. Viviamo purtroppo in un'Italia della "Commedia dell'Arte e della Sceneggiata" in cui basta poco per far fuoco alle polveri e poi tutto si spegne come i fuochi d'artificio dopo scoppi e luminarie. Intanto si è perso tempo, si sono avvelenati i pozzi e si sono alimentate polemiche politiche e giornalistiche che sono state come pestare acqua in un mortaio. Pensiamo come caso di scuola alle dichiarazioni del Papa e del Vaticano nelle sue diverse istanze su temi di politica interna italiana. L'ultimo caso riguarda la legge Zan su omofobia ed affini, che sembra diventato il problema numero uno cui viene dedicato uno spazio spropositato. Intendiamoci: l'argomento è serio e giusto da trattare, ma va affrontato senza troppo innalzare bandiere.

L'atteggiamento verso certe prese di posizione avviene, nelle reazioni che si registrano, sempre con lenti ideologiche che impediscono a chi la pensa diversamente di guardarsi negli occhi. Se quanto detto dal mondo cattolico, per altro assai diversificato all'interno, è favorevole al proprio modo di pensare, allora ci sono grandi applausi e si cerca di tirare nel proprio campo l'autore. Al contrario scattano fischi e reazioni vibranti, che segnalano la cesura irrimediabile. Su certi fortini, come bandiere, si sventolano la laicità della Repubblica, cioè il riconoscimento dell'indipendenza dei poteri dello Stato rispetto al Magistero della Chiesa di Roma oppure la sua versione estrema, il laicismo, che si spingerebbe ad impedire che la Chiesa si pronunciasse su questioni d'attualità "politiche". Ora il Papa e l'apparato che sta al di sotto del Pontefice fanno il loro lavoro di indicazioni a chi si riconosce nei principi e negli insegnamenti della gerarchia della loro religione ed è perciò legittimo che costoro possano inserirsi nei grandi argomenti che riguardano i diritti civili a vantaggio dei cattolici che vivono in Italia come negli altri Paesi. Sulla famosa legge Zan il Vaticano ha agitato il rispetto, anzi la rottura, del "Concordato Stato-Chiesa". Apriti cielo: in tanti si sono scandalizzati, invocando il fatto che lo Stato non è confessionale e dunque non ci possono essere religioni che facciano invasioni di campo. Starò invecchiando e diventando clamorosamente tollerante, ma trovo che da una parte certe prese di posizioni siano ipocrite, in altre irrazionali. Ipocrite perché il mondo cattolico ha permeato e permea ancora una larga parte della politica italiana. Dove «altre Chiese», intese come penchant ideologiche e non religiose in senso stretto, sono state e sono ben presenti. Irrazionali perché ognuno è libero di esprimersi e trattare il Vaticano come "Stato estero" se giusto sotto il profilo del diritto internazionale sembra non tenere conto della storia italiana. Per cui si riporti il dibattito nelle giuste rotaie in Parlamento cui spetta il compito e basta fare della legge Zan qualcosa di talmente eccezionale da monopolizzare le discussioni istituzionali. Si scriva una buona legge, senza pretendere che l'attuale testo sia il non plus ultra, e lo si voti in fretta, perché in tanti ne abbiamo abbastanza di tutte queste discussioni che vedono spuntare dappertutto la discutibile "teoria del gender".