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18 gen 2017

Il Web fra bufale e post-verità

di Luciano Caveri

Oggi andrò a farmi vaccinare contro la meningite: il caso di un giovane morto nel vicino Canavese e il moltiplicarsi di eventi di questo genere in tutta Italia, sommato al fatto che il mio bimbo più piccolo è già stato vaccinato (e forse dovrà essere coperto per altri ceppi della terribile malattia), mi convincono a farlo senza problemi. Mi sono sottoposto a tutti i vaccini obbligatori da bambino (quando certe malattie come la poliomelite e la tubercolosi facevano ancora delle vittime) e poi da adulto, quando i miei figli più grandi erano piccoli, ho fatto il vaccini necessari non avendo, da piccolo, fatto nessuna delle malattie infantili più comuni, pur frequentando gli amichetti che si erano ammalati. Lo stesso è capitato per viaggi esotici per certe patologie locali.

Quando mi è capitato di dire che mi sarei vaccinato, ho trovato, anche negli ambienti che frequento, fior fiore di balle sui vaccini, pronunciate da persone che mai avrei pensato che si facessero suggestionare da certe "bufale" che si trovano su Internet. Plaudo a chi, come fa da anni il celebre esperto - medico, immunologo, virologo - Roberto Burioni su "Facebook", combatte le cretinate a colpi di Scienza e cancella dal "social" chi scrive stupidaggini e di recente ha così motivato: «Perché cancello i commenti? Parlo solo con chi ha studiato, la scienza non è democratica». Il pensiero è stato così ulteriormente riassunto: «Preciso che questa pagina non è un luogo dove della gente che non sa nulla può avere un "civile dibattito" per discutere alla pari con me. E' una pagina dove io, che studio questi argomenti da trentacinque anni, tento di spiegare in maniera accessibile come stanno le cose impiegando a questo scopo in maniera gratuita il mio tempo che in generale viene retribuito in quantità estremamente generosa». Applausi! Perché ognuno può convincersi di qualunque cosa, ma quando certe posizioni attentano alla mia salute ed a quella dei miei cari tutto cambiano e sono davvero stufo di tante superstizioni e pseudoscienze che - in mano a gente che vanta i titoli più fantasiosi - surfano sulla capacità di farsi abbindolare di molte persone. Non è passato molto tempo da quando - traggo la notizia dal "Sole - 24 Ore" - «il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha invitato i Paesi dell'Unione Europea a dotarsi di una rete di agenzie pubbliche per combattere la diffusione di notizie-bufale su Internet, spiegando che questa lotta è più efficace se viene svolta dagli Stati piuttosto che delegarla ai social media come "Facebook". In un'intervista al "Financial Times", Pitruzzella ha suggerito la creazione di un network di agenzie indipendenti, coordinate da Bruxelles e modellate sul sistema delle agenzie antitrust, che potrebbero rilevare le bufale, imporne la rimozione e, dove necessario, sanzionare chi le ha messe in giro. "La post-verità è uno dei motori del populismo ed è una minaccia che grava sulle nostre democrazie", ha sottolineato Pitruzzella, "siamo a un bivio: dobbiamo scegliere se vogliamo lasciare Internet così com'è, un Far West, oppure se imporre regole in cui si tiene conto che la comunicazione è cambiata"».
Beppe Grillo ha reagito indicando - cito testualmente - «una giuria popolare che determini la veridicità delle notizie pubblicate dai media. Cittadini scelti a sorte a cui vengono sottoposti gli articoli dei giornali e i servizi dei telegiornali». Mah! Resta questa storia del post-verità, che così spiega l'"Accademia della Crusca": «Il lessema post-verità (che da qui in avanti chiameremo meno tecnicamente "parola" per comodità) è esploso nella nostra lingua a seguito della "Brexit" e più recentemente delle elezioni americane vinte da Donald Trump: al 22 novembre 2016, ricercando con "Google" sulle pagine italiane del web, si contavano oltre trentamila risultati (tenendo conto, oltre che di post-verità, anche delle varianti post verità e postverità). Si tratta di un adattamento dall'inglese "post-truth"». Spiega con molta concretezza Pierre Haski, su "L'Obs": «La formula descrive la pericolosa tendenza delle democrazie occidentali a non credere più ai fatti nel dibattito politico, bensì alle menzogne pronunciate in tono sicuro. Nel suo libro "The post-truth era" ("L'era della postverità"), Ralph Keyes definisce la menzogna "un'affermazione falsa, fatta in piena cognizione di causa con l'obiettivo d’ingannare"». Interessante perché in fondo si tratta di liberare in Rete menzogne falsità con uso strumentale che da sempre esistite e chi ha vissuto in politica, magari subendone alcune, sa bene di che cosa si parla. Bufale e post-verità, malignità e pettegolezzi, menzogne e carognate: sono tutte pezzi più o meno grandi e dalla differenza gravità della stessa sgradevole sostanza, quella del Visconte di Cambronne con il suo celebre «Merde!», per intenderci. Anche se poi anche questa parola diventata famosa a Waterloo forse non fu mai pronunciata…