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30 lug 2010

Il "caso francese"

di Luciano Caveri

La radio via Web ci ha finalmente sdoganato dalla difficoltà di ascolto delle radio francesi (una volta ascoltabili la sera fra mille disturbi in onde medie) e lo stesso vale per la lettura dei principali quotidiani d'oltralpe, che via posta arrivavano in Valle con ritardi assurdi. Seguo in questi modo l'evolversi dell'interessante vicenda di un quartiere di Grenoble, dove alcune bande di giovani hanno reagito con violenza all'uccisione di un ragazzo gitano che aveva tentato una rapina in un casinò. Perché interessante? Perché, pur con tutte le differenze fra noi e questa grande città dell'Isère, il "modello francese" rispetto all'immigrazione va studiato e approfondito per evitare che in Valle si compiano errori che poi porterebbero alla nascita di situazioni violente ed esplosive. Il fenomeno dell'immigrazione può essere sempre meglio regolamentato, ma ho l'impressione che non sia proseguita quell'attività di ricerca e di comprensione che avevo intrapreso per avere un modello d'integrazione che evitasse di trovarsi con brutte sorprese. Il dirigismo francese ha creato ghetti e zone degradate, creando sacche di giovani che formano bande sempre più pericolose, ma è altrettanto rischioso lo spontaneismo di comunità che si organizzano da sole senza indicazioni e regole condivise per evitare isolamento e autoreferenziabilità. Il contrario dell'integrazione nel rispetto della cultura di ciascuno, compresa la nostra.